Ambiente e Natura

La serata del 10 Agosto per il Faro della Guardia. (3) – Il video d’apertura

di Sandro Russo

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Continuiamo la presentazione degli interventi della serata per il Faro della Guardia, seguendo la lista già pubblicata: leggi qui.
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Qualcosa nella notte

Il Faro della Guardia emerge dalla notte e dai ricordi come qualcosa di enorme e di indistinto che l’occhio e la mente quasi non riescono a comprendere tutto.

Per me e molti altri della mia generazione esso ha avuto una dimensione soprattutto notturna. Di giorno sì… – quando le cose sono definite e reali – … ce lo trovavamo davanti, quando si andava a Chiaia di Luna per mare  …o sulla rotta verso Palmarola, solido e possente, con i suoi contrafforti ricurvi, di onde di lava cristallizzate nel momento in cui erano venute a contatto col mare e da allora fissate per sempre.

Ma di notte, nel reame del fantastico, il massiccio di roccia aveva tutta un’altra presenza.

Ci andavamo per la pesca a totani – una tradizione più che una pesca – tramandata da zio a nipote, dal fratello maggiore a quello minore. Con i suoi assoluti e immutabili riti di preparazione: la lenza e il piombo con la corona di punte (preparati di propria mano); il modo di mettere l’esca, i fautori dell’alice salata o del bulbo fluorescente (certo la prima!); della torcia a mare o della lampada a carburo (certo la seconda!).

Ci si ritrovava sul mare che era buio da poco; un maglione per l’umido della notte e la frittata delle zie in mezzo al pane. I lazzi e le chiacchiere si spegnevano poco a poco, man mano che ci si inoltrava nell’oscurità del mare.

La mole maestosa del Faro e la sua luce che tagliava l’oscurità si delineavano in lontananza, già al passaggio dei faraglioni del Calzone Muto, tra la Parata e la Scarrupata. A seconda del tempo e del mare si decideva di stare ‘dentro’, a ridosso del Faro, o di puntare verso ‘fuori’, ma senza mai doppiarlo.

Era una pesca quasi magica, a quei tempi e a quell’età; non l’ho mai più ripetuta da allora, per rispetto al ricordo.

Ma spesso ci ritorno, a quelle notti…

Quando è passata la frenesia della novità e dei preparativi, quando si comincia a pescare davvero, è una pesca silenziosa. Anche dalle barche vicine le parole arrivano come attutite; domina il rumore di sciabordìo del mare lungo le fiancate della barca e le frasi smozzicate (mai veritiere) con cui si annuncia a quanti passi si è calata la lenza. Poi, quando il totano si attacca – un peso improvviso come un mattone – e si comincia a tirare, la trazione deve essere continua perché la ‘spugna’ di punte non trattiene la preda come fanno gli ami, e se si molla si può perdere. L’eccitazione a bordo è massima, in chi ‘ha preso’ e negli altri che fanno il tifo, fino all’emergere del totano dal mare – l’ultima fase e la più delicata – e al suo trasferimento in barca. Qui ognuno si ripara come può, in attesa dello spruzzo finale che …chi coglie coglie!

…E si riprende, con rinnovata lena, cercando di scoprire la profondità a cui il fortunato ha ‘incocciato’ (impresa inutile).

In qualche momento della pesca – o del sogno – compaiono “i parlanti”; presenze misteriose e anche un po’ inquietanti a quel tempo… Non ora che sappiamo essere le berte maggiori (Calonectris diomedea, della famiglia delle Procellaridae). Nella notte i loro versi sembrano voci o pianti di bambino (le berte, o diomedee; secondo la leggenda sono i compagni di Diomede, trasformati in uccelli da una Dea pietosa, che piangono la sua morte).

Enzo Di Fazio, che nei suoi anni al Faro della Guardia con il padre fanalista, ai ‘parlanti’ ha potuto applicare tutta la sua fantasia, riusciva a distinguere nei loro versi due componenti: il pianto del bambino e un grugnire quasi suino. Ebbene sono due suoni diversi: il maschio ha un tono più penetrante, stridulo, simile al pianto di un bambino o al verso dei gatti in calore, mentre la femmina è più rauca.

Ma si torna allo sciabolare della luce del faro e a quell’altra luce, rossa, appena più in basso… che è stata una sorpresa ritrovare nelle foto e nelle riprese… È  il segnale per le ‘Formiche’ che triangola con un simile segnale rosso posto sotto il Faro della Madonna per indicare la zona di pericolo: quando si vedono tutti e due bisogna stare molto attenti… oppure ci si è già sopra!

Passa e ripassa la luce del Faro, e illumina, oltre a mare davanti anche la montagna alle sue spalle, con una ripetitività che può diventare ipnotica…

E ancora, nelle notti di luna oppure quando è calata la notte da poco una luminosità permane a ponente a disegnare, oltre la sagoma del Faro, il disegno familiare di Palmarola, che aggiunge una meraviglia ad un’altra, tanto da dubitare che uno spettacolo simile esista davvero… o non sia stato tutto un sogno! 

“We are such stuff
As dreams are made of, and our little life
Is rounded with a sleep”

(W. Shakespeare – La Tempesta)

“Siamo fatti delle stessa sostanza di cui sono tessuti i sogni e la nostra piccola vita è avvolta nel sonno”

 

Tutte queste  cose intendevo versare nel breve filmato che si può vedere qui sotto; certo non ci sarò riuscito, ma è stato emozionante provarci!

Sandro Russo

 

Guarda qui il filmato su YouTube

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[La serata del 10 agosto per il Faro della Guardia. (3) – Continua]

1 Comment

1 Comments

  1. Luisa Guarino

    16 Agosto 2012 at 17:14

    Carissimi,
    che meraviglia il video di Sandro su You Tube! Avere assimilato la magia e la suggestione del Rex di Amarcord al nostro faro è semplicente geniale e il commento musicale completa degnamente l’opera. Unica differenza, il transatlantico passava solo una volta, mentre al Faro della Guardia possiamo tributare il nostro omaggio, da mare e da terra, ogni volta che vogliamo.
    Unica immagine stridente, il povero totano di turno sacrificato sull’altare di una pesca… davvero poco sportiva.
    Grazie ancora una volta a Ponza racconta, che ha raccontato anche a chi non era presente a Giancos la sera del 10 agosto.


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