di Franco De Luca
Quante discussioni sotto il Monumento. Tutte ad arrovellarsi sul principio che non sempre le leggi portano giustizia, ma anche ad affermare l’altro principio che senza leggi non c’è giustizia.
La posizione dell’attuale Amministrazione è ferma su questo ultimo punto e infatti tenta di far rispettare le leggi in modo ferreo. E poiché queste devono principalmente mettere un freno alle disinvolte iniziative dei Ponzesi, queste leggi si presentano essenzialmente come divieti.
Essi mirano a salvaguardare la vita umana anzitutto, poi a rispettare l’ambiente e, in generale, ad instaurare un clima di ossequio legale in tutte le relazioni (interpersonali, ambientali, burocratiche ).
Questo è un merito innegabile dell’Amministrazione e puntualmente viene ad essa confermato negli incontri in Provincia e in Regione.
Ma allora perché non viene riconosciuto appieno nell’isola?
Si risponde: perché intacca gli interessi personali di singoli e costoro se ne dolgono.
È possibile, è una risposta plausibile.
Ma perché non viene riconosciuto dalla maggioranza della popolazione ?
Si risponde: perché quasi tutti i Ponzesi sono abituati a muoversi secondo il loro tornaconto e dar loro guide comportamentali li infastidisce.
L’ho detto in un modo che grossolanamente potrebbe essere tradotto con: “i Ponzesi sono ignoranti che si comportano da incivili”.
Pure questa risposta, benché dura, ha un suo fondamento.
Ma una Amministrazione è l’espressione, oltre che democratica, anche culturale della popolazione. È una sua proiezione, una promanazione. E dunque da essa si distingue per funzione, NON per natura. Per cui interagisce con essa, NON se ne allontana. Impone regole anche per migliorare comportamenti, per educare i giudizi, per far crescere.
Ora, di solito, i divieti insegnano a disobbedire, perché rinforzano la tendenza all’opposizione NON alla comprensione.
Lo ammetto: questa è una legge di natura psicologica (non certo politica). Ma c’è, forse, da sottolineare che la società ponzese, vuoi perché isolana, vuoi perché ristretta, è influenzata da fattori psicologici forti, evidenti. Anzi, io ribadirei di più il legame aggregativo della società ponzese e parlerei di preferenza di comunità (piuttosto che di società).
In essa i fattori socio – psicologici sono più stretti e vincolanti perché intessuti di familiarità, di vicinanza, di similarità lavorativa, di associazione economica. Sono, in una parola, più comuni.
La qual cosa porta a tener presente come l’aspetto legale dei rapporti deve essere compenetrato dall’aspetto morale, se vuole raggiungere obiettivi di giustizia. Diversamente mostra soltanto il volto della durezza (dura lex) e non anche quello della comprensione (com-prendere; mettere insieme). Ossia afferma soltanto la natura dell’imposizione e non anche quella della socializzazione.
Non ci sono dubbi: soltanto attraverso la legge si può ottenere giustizia, ma questo principio per diventare costume di una comunità deve essere partecipato non imposto, portato alla logica di tutti e non reso obbligo. Affinché del divieto si possa vedere non soltanto ciò che impedisce ma anche ciò che permette.
Decisamente in questi giorni c’è un fervore di opinioni sotto il Monumento. Non inutili, decisamente non inutili.
Francesco De Luca
[Sotto il Monumento. (6). Giustizia, Legalità e Comunità – Continua]