di Franco De Luca
Cosa si dice in questi giorni sotto il Monumento a Ponza non posso trascriverlo, perché i commenti sono pesanti e le parole disdicevoli.
Però nelle discussioni fra i compaesani ho colto riflessioni che mi sembra abbiano valore perché inducono a distinzioni concettuali non peregrine.
Orbene, i poli fra cui gli argomenti si muovevano sono legalità e giustizia.
La legalità è un concetto che pertiene al diritto, il quale trova la sua fondatezza e il suo compendio nello Stato. Esso, in quanto organismo sociale, si dota di leggi per regolare il vivere dei cittadini. L’insieme di tale regole sono presentate come norme, che formano il diritto.
Tutto quanto riguarda il complesso vivere dei cittadini è uniformato al diritto, che detta la legalità. Da essa promana la giustizia secondo il diritto, non secondo la moralità.
Lo stato nazista era conformato ad un diritto che non tendeva alla giustizia (come si evince dal fatto che prevedeva la soppressione degli ebrei, degli zingari, degli handicappati). Esso era uno stato il cui diritto non si uniformava alla giustizia.
Dico questo per sottolineare che le leggi possono NON tendere alla giustizia.
Quale giustizia? Quella morale, quella cioé che si radica nei diritti naturali dell’uomo, insieme ai valori condivisi dal gruppo sociale.
La vita di uno stato civile, il suo diritto, per essere ottimale, deve bilanciare la giurisprudenza (legalità), che analizza e teorizza le norme da un punto di vista logico-razionale, con i valori etici (morale), che sono improntati a religione, ideologia, irrazionalità.
Guai a quel diritto che si uniforma all’etica. Sortisce il mostro dello stato-etico, in cui la legalità proviene dalle credenze e non dai principi logici.
Insomma, per ritornare al punto cruciale, la giustizia è qualcosa che si raggiunge non soltanto con la legalità, ma collegando questa con i valori sociali.
Per cui appare inconfutabile che, se deve essere punito chi ruba da un negozio di frutta, ugualmente deve essere punito chi ruba i soldi dallo stato. Inconfutabile appare la condanna morale NON quella legale (come è evidente dalla cronaca nazionale per i nostri parlamentari).
E allora? Allora appare evidente che a mettersi dalla parte soltanto della legalità non si ottengono risultati di giustizia. Questi vanno perseguiti contemperando legge e valori.
Fin qui il discorso sembra chiaro, ma sotto il Municipio di Ponza, questi ragionamenti alludevano alla situazione attuale dell’isola. Sulla quale sta impazzando la mannaia della legalità ma non quella della giustizia. Perché? Perché se la legalità affossa od ostacola l’economia primaria dei cittadini, senza concedere loro alternative, non ottiene giustizia bensì soltanto rigore. Che è un valore (sia di diritto sia morale) ma non basta a rassicurare una comunità che vive anche di economia e anche di interazioni psicologiche.
Capisco bene che gli argomenti che stanno comparendo nello scritto sono complicati perché lasciano intravedere una trama di rapporti complessi, intrecciati, talora aggrovigliati. Ma questa è la visione di una società. Scegliere di semplificarne i fattori costitutivi non agevola gli interventi correttivi.
Sotto il Monumento questi sono gli argomenti recepiti e riportati.
Altri si immergevano più nel corpo sociale e indicavano altre distinzioni. Che riporterò in un secondo momento perché vedo che il paniere dei concetti espressi per ora è colmo.
Francesco De Luca
Silverio Tomeo
17 Luglio 2012 at 19:19
L’esempio del fuhrerprinzip è quello estremo: Hitler non ebbe mai bisogno di abolire la Costituzione di Weimar, forse la più avanzata a quell’epoca, nè di partorirne una nuova, semplicemente usò la clasuola dello “stato d’eccezione” e instaurò il principio che il Diritto promana direttamente dal Capo (Fuhrer). Ora noi abbiamo una Costituzione repubblicana, e un corpus di leggi che devono comunque esserne in sintonia. Se alcune leggi ci sembrano difformi dal principio morale si può attivare la disobbedienza civile (vedi da Henry D. Thoureau ad Hannah Arendt allo stesso Gandhi), cosa che i movimenti per i diritti civili hanno fatto, assumendosene responsabilità e conseguenze. Abbiamo inoltre un nascente spazio giuridico europeo, vedi sulla pesca, ad esempio, da rispettare.
Per una possibile alternativa nel futuro prossimo io non lascerei la bandiera della legalità al populismo autoritario del nuovo sindaco, nè gli lascerei quella dell’ambientalismo. E’ giusto dire nel contempo che una buona amministrazione dovrebbe saper mediare, sempre nell’ambito delle norme, essere equanime con ceti e classi sociali, esplorare spazi di partecipazione attiva e democratica, risolvere i conflitti quando sono risolvibili. Il discorso più di fondo sarebbe come gestire un cambio di paradigma sulla legalità, l’ambiente, l’equità, la solidarietà, lo spazio sociale e pubblico, la promozione della cultura, la difesa del legame sociale. La vecchia e disastrosa classe dirigente e politica dell’isola ha miseramente e sonoramente fallito, e questo va metabolizzato. Non mi aspetto che la nuova compagine amministrativa sia in grado di gestire la necessaria transizione. Peradossalmente l’ultimo sindaco in gamba di Ponza è stata la commissaria prefettizia.