di Franco De Luca
Nell’orto che curo c’è un albero di “pere carmusine”.
È un alberello che non riesce ad elevarsi né ad ingrossarsi: è come ingessato in una forma che di anno in anno si raggrinzisce nella corteccia e si annoda nei rami che, come ho detto, sono piccoli.
E dire che sono ormai quasi trent’anni che ho familiarità con questo pero che, molto probabilmente, è ancor più vecchio.
I frutti sono peruzze, le più piccole che conosco. Il sapore è intenso e gustoso.
– ‘U piro o ‘u cuoglie o care – o lo cogli o cade – mi rammentava nonna Giuseppina e, quando maturano, le peruzze lasciano il ramo. La polpa allora non è più bianca né soda; è molliccia e marrone. Ma sono buone lo stesso.
Carmusina: parola dialettale che segue il latino carmesinus, in italiano crèmisi. Ossia rosso… E infatti le pere esposte in modo diretto al sole si tingono di rosso acceso.
In questo periodo stanno maturando, il che vuol dire che le sto mangiando.
È per me un altro sapore dell’estate. Che non posso condividere però, perché l’albero è unico e il raccolto è minimo. Giusto per me.
Francesco De Luca (Franco)
Pere carmosine, ‘ndù ciardine ‘i Romolo, fotografate lo scorso anno, circa nello stesso periodo (leggi qui) – NdR