di Sandro Russo
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La ‘Porta’ di Huxley. Con la curiosità e l’apertura mentale dello scrittore e dell’uomo di scienza, scettico quanto basta (q.b.), ma anche aperto allo stupore, Aldous Huxley “in un luminoso mattino del maggio (del 1953 – NdR), ingoiò i quattro decimi di un grammo di mescalina sciolta in mezzo bicchiere d’acqua e sedette ad attendere le conseguenze”. Assistevano all’esperimento lo psichiatra inglese Humphrey Osmond e la moglie dello scrittore. Quello che accadde fu fedelmente registrato e successivamente trascritto. Ne vennero fuori due testi-bibbia per le nuove generazioni dagli anni ’60 in poi: “Le porte della percezione” (1954) e il breve saggio “Paradiso e inferno” (1956), poi riuniti in uno stesso volume.
Huxley produce una testimonianza di prima mano sugli effetti della mescalina, soprattutto sulla qualità della visione. Dalle sue pagine traspare come la sostanza non introduca ad un mondo di visioni immaginarie, ma permetta di percepire la realtà sotto un aspetto del tutto diverso.
“Ma l’esperienza visionaria non è sempre beata. Essa qualche volta è terribile. Vi è l’inferno così come vi è il paradiso” (“Heaven and Hell” è infatti il titolo del saggio! – Ndr.).
Entrambi, Aldous Huxley per il titolo del suo libro e Jim Morrison, il leader della storica rock band dei “Doors” per il nome stesso del gruppo, sono debitori a William Blake (1757 – 1827) per questa sua frase: “If the doors of perception were cleansed, every thing would appear to man as it is, infinite – Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è, infinito.
(William Blake –The Marriage of Heaven and Hell)
Una rassegna delle droghe allucinogene non sarebbe completa se non si citassero gli effetti stupefacenti della marijuana a dosi elevate (mentre a dosi minori è blandamente inebriante ) e l’uso etnico-religioso di un fungo, l’Amanita muscaria, appartenente alla pericolosa famiglia delle Amanite.
Tipica abitazione a tenda (yurta) della steppa della Mongolia. Qui è ancora diffuso l’uso dell’Amanita muscaria per finalità divinatorie e stupefacenti
Il fungo, diffuso anche da noi, ha una ‘tossicità condizionata’ dalle modalità di raccolta e di conservazione; nelle regioni siberiane è da secoli utilizzato per finalità mistico-edonistiche con una complessa sequenza di effetti e attraverso una inusale tecnica di purificazione ‘su ospite umano’: nelle cerimonie veniva bevuta l’urina delle donne che avevano in precedenza masticato il fungo, dal momento che il suo primo metabolismo ha l’effetto di concentrarne i principi attivi (acido ibotenico e muscimolo). Molti rapporti etnografici dei secoli scorsi ne hanno documentato l’impiego come inebriante presso diverse popolazioni, dalla tundra siberiana alla Mongolia. Peraltro sembra che gli stessi animali ricerchino questo fungo; le renne, per esempio “vanno matte” anche per l’urina di altre renne o degli uomini che si sono cibati del fungo e, poco dopo averlo mangiato, corrono di qua e di là senza un apparente scopo, fanno rumore, contorcono la testa e si isolano dal branco; mostrano insomma i sintomi di uno stato di ebbrezza. Comportamenti simili presentano alcuni scoiattoli delle tundre, come il tamia siberiano e i caribù del Canada.
LSD. Tra le sostanze allucinogene derivate dalle piante bisogna includere a rigore anche la più famosa: il mitico LSD (dietilamide dell’acido lisergico), una delle sostanze allucinogene tra le più potenti che si conoscano. Le sue proprietà furono scoperte accidentalmente da Albert Hofmann, un chimico dei laboratori Sandoz, che dal 1938 andava conducendo esperimenti su un fungo parassita dei cereali di cui aveva isolato uno dei principi attivi, l’acido lisergico.
Comunque Hofmann per molto tempo non capì l’importanza della sua scoperta e le possibili applicazioni, fino alla fatidica data del 16 aprile del ’43. Quel giorno egli ingerì casualmente pochi microgrammi della sostanza rimasti sulle sue dita, dopo di che venne colto da allucinazioni della durata di qualche ora, costituite da un flusso continuo di vivide visioni, immagini distorte, giochi caleidoscopici di colori.
Quando la sostanza, in un primo momento secretata dalla CIA per eventuali impieghi bellici, fu liberalizzata – quindi più o meno dopo la fine della II guerra mondiale – il suo uso cominciò a diffondersi; prima nei circoli intellettuali, poi in alcuni trattamenti psichiatrici, poi a tutto il mondo giovanile, per la risonanza mediatica di entusiasti come Timothy Leary e Richard Alpert, psicologi e professori ad Harward che – una volta licenziati per essere dei ‘cattivi maestri’ – divennero attivisti e guru del movimento ‘hippie’.
Foto di gruppo, del 1991, di tre ragazzi terribili degli anni ’60. Da sinistra: Allen Ginsberg, poeta e guru della beat generation, Timothy Leary, padre del movimento hippie e teorico dell’LSD e delle “consciousness expanding drugs” e John Lilly. Lo slogan di Leary di quegli anni: “Turn on, tune in, drop out! – Accenditi, sintonizzati, abbandonati!” si situa all’esatto opposto del “Credere, Obbedire, Combattere!”, di buona memoria. Lilly fece una completa esperienza di quella che chiamò ‘vasca di isolamento’ (isolation tank), da solo e in compagnia ed anche in associazione con droghe ‘psichedeliche’, tipo LSD e ketamina; si aprì così un campo nuovo della psicologia: le “esperienze di deprivazione sensoriale”, spesso associate a visioni e ad allucinazioni
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Comincia così la stagione irrepetibile dell’LSD: la droga perfetta per il movimento, che si andava affermando negli Stati Uniti e si allargò con diffusione esplosiva a tutto il mondo occidentale.
Caratteristica comune a tutte le sostanze allucinogene è quella di determinare effetti diversi da persona a persona, dal momento che esse agiscono sugli strati profondi della coscienza e sul vissuto emotivo (conscio e/o inconscio) del soggetto. Ne consegue che l’esperienza può essere estremamente piacevole oppure dolorosa, o terrificante. Ben erano consapevoli di questo aspetto i primi viaggiatori dell’inconscio – poi detti ‘psiconauti’ – degli anni ’60, che avevano imparato a loro spese il vantaggio che almeno uno del gruppo si mantenesse sobrio, a fare da assistente o nurse a tutti gli altri, persi nei loro sogni (o incubi); per impedire che si mettessero in situazioni di pericolo ma anche per intercettare – dalle espressioni del volto o dalle cose che dicevano – se l’amico stesse facendo un nice trip o un bad trip – un buono o cattivo ‘viaggio’. In quest’ultimo caso intervenivano con la boccetta di un sedativo, che interrompeva l’esperienza e la convertiva in un sonno ristoratore.
Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, del 1967 è l’ottavo album della discografia ufficiale dei Beatles, fra i più famosi della storia del rock. Contiene anche il pezzo Lucy in the Sky with Diamonds (LSD)
Con l’LSD siamo alle radici del movimento hippie, ai Beatles e ai Doors (1965) di Jim Morrison (‘King Lizard’, una delle icone del pop, morto a 27 anni per overdose da eroina nel 1971 – NdR).
Siamo contigui alla stagione dei grandi concerti rock, da Woodstock (agosto 1969) all’isola di Wight (agosto 1970). Siamo infine molto vicini alla storia che noi stessi abbiamo vissuto e ai nostri ricordi in diretta…
Elaborazione grafica e vetrata ispirati alla copertina di un famoso concept album dei Pink Floyd: The dark side of the moon (1973). La loro musica degli inizi fu presa a modello del “rock psichedelico” per le note prolungate, ossessive e le atmosfere ripetitive assimilabili ad uno ‘stato sognante’.
Nel prossimo articolo – il terzo e ultimo sugli allucinogeni – sarà presentata la parte più propriamente medica e tossicologica di queste sostanze.
Nota – Questo testo è stato sintetizzato e modificato dallo stesso Autore a partire da una serie di articoli originali usciti su “O”, la rivista on line della Scuola di Scrittura “Omero” di Roma, nel giugno-luglio 2007: leggi qui
Sandro Russo
[Informazioni di base sulle droghe d’abuso (13). Gli allucinogeni (2) – Continua]