di Sandro Russo
Per la presentazione dell’incontro, leggi qui
Per la prima parte dell’articolo con la relazione di Philippe D’Arco, leggi qui
Nella suggestiva cornice della sala del Museo di Ponza, dal corridoio d’ingresso che ospita i pannelli della Galite, fortunosamente recuperati dalla manifestazione del 2010, il pubblico è accolto dalle immagini de La Galite in un video girato da un gruppo dell’Elba e gentilmente messo a disposizione da Carlo Marcone. Include delle rare sequenze di vita quotidiana al tempo dell’insediamento ponzese.
Enzo Di Giovanni introduce e presenta l’incontro ricordando i precedenti contatti tra Le Lavandou e Ponza, ad alcuni dei quali ha lui stesso partecipato.
Racconta della celebrazione del cinquantenario del rimpatrio – 1959 -2009 – quando portò in Francia dei santini di San Silverio, che andarono a ruba tra tutti i partecipanti in pochissimo tempo.
Viene presentato quindi Philippe D’Arco, della cui relazione si è già riferito.
Notevole il metodo scientifico enunciato e seguito da Philippe, per il quale le testimonianze raccolte a voce vanno successivamente circostanziate dalla ricerca dei documenti relativi, per dar loro collocazione storica e credibilità…
Scorre la relazione, nell’italiano – un po’ francese, un po’ ponzese – di cui Philippe si è voluto riappropriare, come atto dovuto alla memoria dei suoi genitori e antenati, seguita con interesse e partecipazione dagli astanti. Si chiude la prima parte della sua presentazione con questa immagine, che introduce un testimone della pesca a La Galite negli anni intorno al 1950…
Giovanni Conte, il primo da destra nella foto scattata nel 1952-’53 proprio a La Galite, ha pescato in quelle acque che ricorda ricchissime di pesce, insieme al padre, per tutti Zi’ Umbertino (il primo da sin. nella foto). Al centro della foto c’è proprio un’aragosta, poggiata su una spasella-cesta, di quelle in cui venivano poi sistemati i crostacei per la vendita.
A seguire, una riedizione del video girato su La Galite dagli amici di Le Lavandou durante una visita del 2009, arricchita da brevi interventi di Aniello Romano, Maria D’Arco e Assunta Scarpati e l’inserimento di immagini di più di cinquant’anni prima, quando l’isola era abitata e in piena attività.
Ancora una parte documentale, la seconda, affidata a Philippe D’Arco e quindi, per finire un breve intervento di ricordi e considerazioni da parte di Antonio De Luca, che ripercorre i suoi ricordi lungo le sponde del Mediterraneo – un mare che unisce i popoli almeno quanto li divide – tra Marsiglia e Istanbul; ne sottolinea gli aspetti comuni per radici, usi e tradizioni e chiude con una frase che rimane aleggiante, a suscitare pensieri e anche una certa inquietudine… che Ponza può essere considerata una metafora del Mediterraneo, come la Galite la metafora di Ponza…
***
Molti considerazioni possono derivare da un argomento così suggestivo, rievocato proprio a Ponza, che è stato il porto di partenza per quell’avventura e ne celebra così, in serate come queste, l’epilogo, attraverso i figli che tornano a parlarne dopo cent’anni e più…
Si tratta di un periodo mitico – a posteriori perfino ‘romantico’ – della navigazione dei Ponzesi sulle rotte del Mediterraneo, su imbarcazioni povere, senza motore e a volte anche senza l’ausilio della bussola (che era sì stata inventata, ma loro a volte non potevano permettersela!): così andavano con le stelle di notte e col sole di giorno, sfruttando i piccoli segni impercettibili che la gente del mare impara a conoscere se vuole sopravvivere; l’increspatura dovuta alle correnti, una nuvola isolata, indicatrice di una terra sotto di essa… E su quei gusci di noce il capo-famiglia imbarcava la moglie e i bambini più piccoli, che avevano bisogno della madre, mentre quelli più grandicelli avevano da badare alla casa e alla terra nell’isola madre…
Colpisce, nella presentazione di Philippe D’Arco, come le esistenze quotidiane e la lotta per la sopravvivenza dei singoli e della piccola comunità sono intrecciate e alla fine sopraffatte da eventi più grandi. Come avviene per l’affermazione di territorialità dei paesi dominanti – l’Algeria, la Tunisia, la Francia stessa – l’avvento del fascismo in Italia o le guerre mondiali.
E ancora, come i lavoratori hanno fiuto immediato per qualunque attività permetta loro una vita migliore – l’identificazione dei mercati ‘ricchi’, come poteva essere quello di Napoli ai primi del ’900 e di Marsiglia poco dopo la guerra – così come sono pronti a cavalcare le innovazioni, vedi lo sviluppo di una flotta di ’mbrucchielle, le navi-vivaio per le aragoste, riprese dal modello spagnolo [per l’avventurosa storia del commercio delle aragoste e sulla flotta delle ’mbrucchièlle ponzesi leggi qui e anche qui, nelle cronache di Ernesto Prudente].
È stata oltremodo interessante questa presentazione su La Galite per alcuni degli ascoltatori che da bambini hanno vissuto i racconti dei vecchi pescatori come storie fantastiche… Come pensare infatti che un’isola simile a Ponza, con la punta della Guardia e la punta della Madonna, ’a scarrupata e i Vricci, potesse davvero esistere dalle parte dell’Africa? E invece mentre scorrevano le immagini dei video e la rievocazione di Philippe abbiamo visto quei posti uscire dalla fantasia e da ricordi quasi dimenticati, e riprendere vita…
Infine la parabola – o metafora – de La Galite è anch’essa intrigante… Mostra il destino delle isole come “contenitori di genti”: popolazioni diverse in tempi diversi, di volta in volta svuotate e nuovamente riempite, per opportunità, calamità, ricorsi storici… Tra le isole di cui ci siamo recentemente interessati lo abbiamo visto accadere a Ponza, alle Tremiti; ce l’ha ricordato anche quest’ultima esposizione… Niente è dato per sempre!
Una sana relativizzazione degli eventi per cui le vite individuali sono ben poca cosa nel grandioso respiro della storia! …Rendersene conto in questi tempi e in questa società non può che esserci di lezione.
Sandro Russo
[La lezione de La Galite. 2 – Fine]