di Gigi Tagliamonte
La festa di San Silverio era imminente, la scuola chiusa e ormai archiviata. I pali rossi con la punta gialla, quelli del Comitato, reggevano la “mortella” e la fila di lampadine, ma bandierine di carta, nulla.
Queste arrivavano, sempre l’ultimo minuto; l’ultima alba utile vedeva un giovane aiutato da tre o quattro assistenti infilare le bandierine colorate tra i rami intrecciati, ancora odorosi.
Erano terribilmente alte, irraggiungibili, senza la complicità di un adulto non c’era modo di conquistarne una. Poi, se t’avessero visto sul muretto, chiunque t’avesse visto, un misterioso tam tam avrebbe riportato tutto ai tuoi, nel mio caso a mia nonna.
Il pavesato festone di “mortella” restava anche per il 21, il giorno dei giochi.
L’anima di canapa iniziava però a cedere, niente a che vedere con la cima di nylon rinforzata da un robusto filo di ferro di oggi. Le bandierine più basse erano le prime a sparire poi, passaggio dopo passaggio, assalto dopo assalto, tutti i trofei colorati andavano a gratificare qualche bambino.
Oggi giace, qualche foglia già secca, tutte le bandierine infilate, lungo il muretto, la mortella.
Precisazione a margine: le bandierine poi saranno recuperate dal Comitato, penso per riusarle il prossimo anno… che è anche un risparmio!
Gigi Tagliamonte
Gino Usai
22 Giugno 2012 at 19:06
Caro Gigi,
delicato e delizioso il tuo pamphlet!
Attento però a non essere annoverato (anche tu!) nella esecrabile schiera dei “nostalgici”.
“Oggi giace, qualche foglia già secca, tutte le bandierine infilate, lungo il muretto, la mortella.”
Tali versi (tali sono!) riportano alla mente il miglior Montale, e il correlativo oggettivo che vi è insito appare in tutta evidenza: quella mortella che “giace” inerte e abbandonata è la nostra innocenza perduta; la nostra infanzia estinta; l’ingenuità bandita come dabbenaggine; è l’isola stessa!
Eppure son convinto che il fanciullino che è in noi, quello che anela alla bandierina colorata, continui a far sentir la sua voce. Come direbbe Pascoli: “(…) noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli (il fanciullino che è in noi) fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell’età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde esso risuona.”
Ecco: riascoltare la voce del fanciullino, gioire del suo tinnulo squillo, ruzzare un po’ con lui, potrebbe portarci nuove e più colorate primavere; piuttosto di una manovra finanziaria, di un rigido spending review, di un favorevole spread su bund o di una pingue stagione turistica.
Caro Gigi, benvenuto nel “cortile dei gentili”.
Gino Usai