di Luigi Viggiano
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“Il ragazzo dai capelli biondi si calò giù per l’ultimo tratto di roccia e cominciò a farsi strada verso la laguna. Benché si fosse tolto la maglia della scuola, che ora gli penzolava da una mano, la camicia grigia gli stava appiccicata addosso, e i capelli gli erano come incollati sulla fronte. Tutt’intorno a lui il lungo solco scavato nella giungla era un bagno a vapore. Procedeva a fatica tra le piante rampicanti e i tronchi spezzati, quando un uccello, una visione di rosso e di giallo, gli saettò davanti con un grido da strega…”
Il Signore delle Mosche. La locandina del remake del 1990 (regia di Harry Hook)
Le parole sono tratte dal più celebre romanzo del premio Nobel William Golding “Il signore delle mosche” (Lord of the flies; 1952) da cui il regista Peter Brook ha tratto ispirazione per il suo film, nel 1963.
Una ventina di ragazzi della buona famiglia inglese si ritrovano naufraghi su un’isola deserta. Soli e “fuori dal mondo” devono sopravvivere forzando la loro innocenza e adeguandosi alle regole impietose della vita. Così la forza del male prende il sopravvento sulle debolezze di un’età che ha spazio solitamente per un mondo più morbido e colorato.
Il film è stato girato nell’isola di Portorico e nonostante sia in bianco e nero, restituisce tutte le sfumature cromatiche di colori intensi e decisi, che seguono in maniera ineluttabile l’imporsi di sentimenti aggressivi e che mettono a dura prova chi, nella condizione di giovane ragazzo, non regge la competizione.
Su tutto, la forza dell’isola in quanto luogo che non concede scampo nello stesso momento in cui esprime grande senso di libertà. Un mondo nel mondo, un luogo senza identità e senza vie di fuga.
Alla fine “l’uomo bianco” riconoscerà solo dei bambini spaventati che poco prima erano figli del diavolo.
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Guarda qui un breve video su Youtube:
http://www.youtube.com/watch?v=CWhhX4Csh6M
Luigi Viggiano
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