di Ernesto Prudente
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Frequentavo la seconda elementare quando un mattino, mentre soffiava un vento teso da levente ed il mare era abbastanza mosso, fui spettatore, con i compagni di scuola e di tanta altra gente affacciata ai balconi delle proprie case e alla veranda della strada, di uno spettacolo di cui conservo ancora memoria.
Un bastimento stava salpando. Era “na Mbrucchièlle”, la Maria Assunta, un bastimento vivaio per il trasporto delle aragoste, che si recava in Sardegna, sulle zone di pesca dove vi erano già i gozzi ponziani. Tre uomini, due da un lato e il terzo dall’altro, azionavano, a movimento alternativo, le leve dell’argano per il recupero della catena mentre un quarto uomo sistemava, abbisciava, la catena in modo che le maglie non si accavallassero. Il rumore ritmico della “castagna”, che scorreva sugli ingranaggi del salpa-ancora, batteva il tempo. Quando l’ancora fu a picco, perpendicolare alla prua del bastimento, il capitano ordinò di alzare le vele. I marinai lasciarono il verricello e corsero ai paranchi. In un attimo la randa e la maestra furono a riva e incominciarono a sbatacchiare. Le cime vennero tesate come corde di violino. I marinai tornarono all’argano per svellere l’ancora dal fondo mentre uno di essi prese una cima da una lancia che stava a murata con tre uomini a bordo, due ai remi ed il terzo a poppa dove al baglio era legata la cima. Il suono dei rintocchi della campana posta a prua e azionata da un marinaio diede il segnale di “libero a prua”. I marinai, dopo aver sistemato l’ancora alla murata del bastimento, tornarono alle vele issando due balacconi, vele triangolari che tutti i velieri hanno a pruavia dell’albero di trinchetto. La lancia a remi si mise di prua al bastimento e a forza di remate portò il veliero con la prua all’imboccatura del porto con le vele che incominciarono a gonfiarsi sotto l’azione del vento. “Molla a prua” fu il comando imperioso del capitano e il marinaio che si trovava a prua mollò la cima liberando la lancia che scivolò, sotto vento, lungo la murata del bastimento. La mbrucchiélle, libera di manovrare a suo piacimento, diresse la prua in direzione dello scoglio Ravia che raggiunse in pochi minuti. Dalla nostra visuale sembrava quasi che gli sbattesse contro tanto che tutti temevano che “ghiésse a tuzzà”. A pochi metri dallo scoglio si notò il movimento del boma della randa e il bastimento come se facesse perno sul timone modificò la sua prua in direzione dello Scoglio Rosso da cui virò nuovamente con la prua in direzione nord. Poche centinaia di metri e di nuovo un’altra virata verso le Formiche, gli scogli al largo della Parata.
Guardavamo attoniti. Un vecchio pescatore, che si trovava fra quella nidiata di marmocchi vocianti, all’ultima virata, dopo aver aspirato una boccata di fumo dalla lunga cannuccia della sua pipa di coccio che teneva schiacciata fra i denti, disse: “E’ gghiute! c’a Madonne l’accumpagne”. Assorto, appoggiato ad un bastone si allontanò dal Lanternino. Forse rimuginava e riviveva le sue tante partenze nelle stesse condizioni di vento e di mare. La ciurma dei ragazzi per correre a scuola quasi lo travolse. Sulla Parata vi era altra gente ad assistere al passaggio del bastimento e tra questa anche il maestro che, appena in classe, approfittando della circostanza e del nostro interesse, ci parlò della pesca delle aragoste e delle mbrucchièlle, un bastimento vivaio, la cui struttura fu rubata agli spagnoli dai marinai ponziani nel porto di Barcellona (Nella rubrica del mare: “A mbrucchièlle”: leggi qui)
Nota della Redazione: Detta storia è ambientata tra il 1936 e il 1937
Dal libro di Ernesto Prudente “Vocabolario illustrato del dialetto parlato dai pescatori e dai marinai ponziani”