Canti

Pasqua

di Gino Usai

.

Dolce terra mia,

culla di poesia,

se verrò

spanderai ancora

nell’aria luminosa

il soave profumo

d’ambrosia?

.

Se verrò

preparerai ancora

la Pasqua secondo

il rito antico dei padri?

.

Salendo agli Scotti

troverò le donne curve

sotto il sole d’ aprile

a passar  la calce

sui cortili e nei covili?

.

Scendendo

tra i vicoli sentirò

l’odore

forte e suadente

del pane ardente?

.

Vedrò ancora

i pettirossi

tra le zolle saltare,

i merli zirlare?

.

Porteranno ancora

le vergini agli altari spogli

i  verdi germogli

del grano novello?

Veglieranno il Sepolcro

digiune e macilente

addolorate e penitenti?

.

Verranno ancora

in coena domini

i discepoli al Tempio,

con i volti emaciati,

dalla fatica segnati,

a porgere,

stanchi e incalliti,

i piedi nudi al Cristo?

.

Andrà la Madre Addolorata,

afflitta e trapassata,

incontro al Figlio morto

lungo le vie del porto?

.

Ruberanno i bambini

i pennecilli ai contadini

per incendiarli sulle spiagge

libere e selvagge?

Illumineranno i focaracci,

nella notte dell’orrore,

il dolce volto del Signore?

.

E nel Tempio santo,

del Sabato Santo,

scoperta la Gloria,

tireranno i bambini,

dalle tasche gli uccellini?

Frulleranno gioiose,

nella volta della chiesa,

le cutrusselle e le averle,

belle come perle,

nel volo impazzite,

libere e spaurite?

.

Scioglieranno

le garrule campane

nell’azzurro cielo

il festoso canto

dell’avvenuto incanto?

.

Racconteranno i nonni

ai  bimbi impertinenti

che Cristo è risorto

e le quaglie sono all’orto?

.

Ed io verrò!

Verrò

a respirare

i tuoi profumi antichi

o Ponza incantata,

Pasqua immacolata!

Attraverserò i vicoli

solitari e bianchi

e i gradini sbilenchi.

.

Coglierò,

tra le fresche verzure

le fave mature,

mescerò nei bianchi palmenti

vini frizzanti,

dolci spumanti.

.

E domenica Santa,

con Gesù risorto,

e i burchi nel porto,

mangerò il casatiello dorato

con l’uovo incastonato.

.

Antica Pasqua,

t’ho sognata,

t’ho invocata,

sono venuto,

ma non t’ ho trovata.

.

Sei fuggita,

sei sparita!

Come Giuda,

hai tradito

e mi hai venduto!

Venduto

per il becco di un quattrino

al foresto malandrino!

Per sola vanità

hai perduto l’anima

e la dignità.

Vile,

Pasqua vile…

vile!

 .

(Ponza, Pasqua 1990 – Gino Usai)    

                         

 

3 Comments

3 Comments

  1. Vincenzo Ambrosino

    6 Aprile 2012 at 22:18

    Caro Gino,
    spanderò il soave profumo d’ambrosia, ma c’è chi non è contento perchè è allergico.
    Purtroppo ti devi accontentare di quello che offre il mercato perchè gli antichi sono andati.
    Salendo sugli Scotti, se vieni per tempo potrai vedere qualche signora passare la calce.
    Per il pane devi andare solo dalla “Russiella”.
    I pettirossi ci sono, le vergini un po’ meno.
    I discepoli al Tempio? Verranno… i fedeli ci sono ancora.
    L’Addolorata incontrerà all’incrocio della Panoramica Gesù morto.
    Per fortuna l’eroico Felice e Gabresu hanno organizzato all’ultimo momento il focarazzo.
    Sabato mi sa che nessun bambino avrà nelle tasche gli uccellini da lanciare in chiesa.
    Per le campane non c’è problema.
    I nonni se sanno usare Facebook potranno trasmettere ai nipotini che Gesù è risorto.
    Per il resto se avrai voglia di camminare tra i vicoli e voglia di mangiare fave, casatiello e bere vino frizzante lo potrai fare sicuramente.
    Ma ora per favore non lamentarti sognando antiche Pasque, accontentati di quello che ti do che è gia tanto.
    Ma insomma vieni o non vieni a Ponza? Ti aspetto. con simpatia
    Pasqua 2012

  2. Gennaro Di Fazio

    7 Aprile 2012 at 00:00

    Scusate se mi intrometto, ma il dolore della ferita inflitta a questa poesia con il commento sotto riportato, è stato percepito anche dal sottoscritto, figuriamoci con quanta intensità dal poeta. In essa, per chi sa leggere, si percepisce l’alta sensibilità dell’autore, da me peraltro conosciuto molto bene e altrettanto stimato per le sue capacità intellettuali, con il quale inoltre condivido anche i tanti ricordi e le varie storie vissute insieme così come alcune citate in detta poesia. Non credo sia simpatico, per usare un eufemismo, ironizzarci sopra, anche perché io l’ho molto apprezzata sia nei contenuti che nello stile. Probabilmente chi commenta non è abituato a queste sensibilità, preso come è dal pragmatismo della politica la quale però , a parer mio, se oggi, a Ponza come in Italia, è crollata nella fiducia della gente, forse è dipeso proprio dalla riduzione, se non addirittura della mancanza completa, della sensibiltà di alcune persone.

    P.S.
    Sia la Pasqua motivo di riflessioni, al di là della grande abbuffata.

    Auguri di Buona Pasqua a tutti i nostri Lettori

    Gennaro Di Fazio

  3. Vincenzo Ambrosino

    7 Aprile 2012 at 09:29

    Caro Gennaro, la poesia di Gino è bellissima, ispirata da un’altra isola, ma comunque concreta, fatta di terra, profumi, fragranze e tanta religiosità, che io non ricordo, semmai è esistita. Questa poesia entra nella realtà in modo politico ricordando a tutti, uomini e donne di Ponza i loro gravissimi peccati: mortali peccati. In quest’ottica l’ho letta e apprezzata e su questa base mi sono permesso il “controcanto” che verifica il danno subito.
    Vedi, si può scegliere la poesia – la bella poesia o l’aspra prosa – ma se si toccano corde troppe scoperte, allora l’armonia che ne esce fuori ha il sapore della carne, del sangue, delle passioni e soprattutto della sconfitta.
    Gino è troppo intelligente per pensare che proprio io volevo irriderlo.
    Buona Pasqua.


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