a cura di Silverio Lamonica
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(da pagina 503 a pag. 517 – Libro V )
C A P. X
Atti del Supplizio dei Santi Martiri Nereo e Achilleo, Serviliano, Euticheto, Marone e Vittorino;
parimenti delle Sante Vergini Domitilla, Eufrosina e Teodora.
Le Vergini Domitilla, Eufrosina e Teodora; gli Eunuchi Nereo e Achilleo patirono (il martirio) proprio nella città di Terracina dove, nella Cattedrale, si solevano recitare i loro atti, sia pure brevi, distribuiti nelle letture mattutine. Questi atti si conservano soltanto a Roma nell’Archivio di Santa Maria Maggiore e quindi trascritti nella Biblioteca Vallicense (Vallicelliana?) dei Padri dell’oratorio dei Congregazionisti nel tomo contrassegnato dalla lettera F; sono esposti in uno stile elegante e fluido, ma dice Bollando che fin dall’antichità non possono avere alcun commento. Inoltre aggiungemmo gli atti degli altri Santi Martiri sia perché fra loro c’è un nesso molto forte, tanto da apparire concatenati, sia perché Sulpizio e Serviliano erano (rispettivamente) promessi sposi delle Vergini Teodora ed Eufrosine e inoltre Eutichete, Marone e Vittorino soffrirono (per il martirio) solo a Terracina, se crediamo ad Ughello, uno dei Vescovi di Terracina, dove (tratta di) Terracina.
Pericolosi proponimenti di matrimonio della Vergine Domitilla
Secondo i Santi Nereo ed Achilleo
La Vergine Domitilla, nipote nobilissima dell’Imperatore Domiziano, ebbe Nereo ed Achilleo come camerieri eunuchi, i quali, come il Beatissimo e Santissimo Pietro, Apostolo di Dio, avevano guadagnato Cristo. Costoro, vedendo la loro padrona ornata di gemme e indossare vesti purpuree, intessute d’oro, le dissero che ornava con cura il suo corpo perché prendeva come marito il figlio del Console Aureliano (era il figlio di Aurelio Flavio), uomo mortale; se con altrettanto zelo si fosse ornata nell’anima, qualora avesse potuto conseguire come sposo il figlio di Dio, il re immortale, che l’avrebbe resa eterna, e che non avrebbe mai posto fine a lei, né ai suoi ornamenti, né alla sua felicità, pur giungendo alla fine. Domitilla ripose loro e disse: “Quale amore può essere migliore rispetto ad avere un uomo, ricevere dei figli, attraverso i quali si possa diffondere la dolcissima discendenza, anziché cancellare la dignità della stirpe e la memoria del nome? Infine, quanto è difficile disprezzare gli stessi piaceri e non godere la soavità della vita del proprio (uomo), come se chi non sia nato in questo splendore non ami comunque le dolcezze del corpo?”
A quelle parole Nereo rispose e disse: “Tu vedi i piaceri solo da una parte, e non vedi in toto i pericoli che possano seguire negli anni. Innanzitutto, infatti, ti separerai dall’integrità che è nata con te e tu, donna, non giacerai forse con un nome (diverso da quello che avevi) da vergine, perché perduto? Tu che non tolleravi, nella tua ingenuità, di essere dominata nemmeno dai tuoi genitori, sopporterai che diventi padrone del tuo corpo un uomo estraneo, il quale, pressappoco, abuserà di te con un potere spregevole? Che non ti sarà concesso confabulare con alcuno senza il rischio di litigare? Né parenti, o nutrici o domestici, nutriti con te, saranno gentili verso di te. Di certo si correranno dei rischi, sarà rischiosa la presenza, sarà rischioso ascoltare, qualunque cosa venga fatta con semplicità, sarà forzata dal sospetto del male”. Domitilla rispose e disse: “Come mia madre avrebbe subito la gelosia di mio padre, oppressa per lungo tempo da questa ingiuria, subirò forse anche io la stessa sorte?” Achilleo disse: “Tutti gli sposi, prima di ammogliarsi, si mostrano assai umili e mansueti, ma dopo mostrano il lato nascosto; da lussuriosi prediligono le ancelle e disprezzano le proprie donne, e senza ritegno si difendono con l’arrogante tensione dell’ira, vendicandosi non solo con le parole, ma anche con le nerbate, e di certo, potendo a stento sopportare di essere definiti, giustamente, svergognati dalla madre, vengono ferite talvolta con durissime percosse e calci.
Ma ora che non lo vediamo lussurioso o geloso, anzi si mostra mite e tranquillo, di certo per la moglie seguono le situazioni scomode. Infatti, suo malgrado porterà nell’utero, giorno e notte, il peso (del bambino) concepito, dal cui peso verrà resa inferma, gonfia, pallida, camminerà a stento con i propri piedi, tollerando la nausea dei cibi utili, proverà piacere coi cibi nocivi; talora il seno s’infiamma proprio al suo interno o per l’abbondanza di sangue, o per il troppo umore si intirizzirà, o si contrarrà per la sua mancanza, o si restringerà a causa della pinguedine, per le cui cause sorgono le malattie per il feto concepito nel segreto dell’utero, e per le quali nascono di solito deboli, gobbi o zoppi, e pure molti, alla nascita, si presentano rivoltati rispetto alla posizione retta, e la loro femminilità nascosta si manifesta non solo agli occhi delle donne, ma per l’arte della medicina sono messe a nudo anche di fronte a uomini sconosciuti, così, siccome sono soliti tirar fuori con artificio il corpicino del concepito, che uccide sua madre prima che il figlio venga alla luce, gli stessi cominciano ad ucciderlo prima della nascita, infatti di solito viene procreato sordo o muto, o pieno di piaghe o perfino indemoniato, tanto che è necessario cercare prima l’esorcista e poi la nutrice”. Così parlò Achilleo.
Anche Nereo replicando, aggiunse: “O quanto è beata la santa verginità che è estranea a tutte queste ineluttabilità ed è gradita a Dio e cara a tutti gli Angeli e chi la possiede è simile a Dio; chi, invero, non rassomiglia a Dio è chiaro che non ce l’ha, poiché perse l’integrità e trovò il disfacimento, la cui colpa la donna può evitare con la penitenza, ma invero non può recuperare l’integrità medesima. Ahi, è da dementi sottomettersi alla libidine alienante! Ahi, in che grande considerazione si trova colei che ha potuto aspettare il premio con il gaudio, le lodi degli uomini e l’integrità degli Angeli e proprio per la stessa lordura (del peccato) sarà necessario chiedere la corona perpetua, battendosi il petto per penitenza, se si vuole ottenere l’indulgenza. E infatti la santità di ognuno, quando viene smarrita per una qualche volontà o necessità, attraverso la penitenza può essere ripristinata nella sua gloria. Solo la verginità non può essere ripresa da chi si è pentito.
Ma la colpa può essere espulsa attraverso le lacrime della penitenza, invero la stessa integrità non può essere ripresa da chi si pente, così come era allo stato della pristina santità. Quindi si possono recuperare tutte le qualità perdute, soltanto la verginità perduta non si può recuperare. Infatti la donna potrebbe ottenere l’indulgenza della sua azione (peccaminosa) attraverso la penitenza; ma la verginità, una volta perduta l’integrità con cui nacque, non può essere riavuta.
A cura di Silverio Lamonica
Chiesa dell’Orazione e Morte, meglio conosciuta come la Chiesa del Purgatorio. Costruita tra metà circa de “700 e il 1787 sui resti della chiesa medievale di S. Nicola, costituisce non solo l’unico esempio di architettura religiosa tardo-barocca della città, ma anche l’unica chiesa a pianta centrale e dotata di sagrato
[Domenico Antonio Contatore. Historia Terracinensi (2) – Continua]