di Franco De Luca
Il vano d’accesso verso il mondo.
Per me che abitavo in Corso Umberto (alle spalle di Corso Pisacane) varcare u’ ruttone ’i Pascarella significava immergermi nella socialità del paese. Che s’apriva con due braccia : il porticato del Municipio a destra, il Corso sino a Punta Bianca a sinistra.
Finché si stava al di qua del portone s’era protetti dal possente vicolo Corridoio. Familiare e segreto, ruvido e discreto.
Al di là del cavo mi sentivo catapultato nel “pubblico”. Davanti, l’ariosità del porto incuteva serietà, con il chiarore del cielo, finalmente libero.
Si era nella pubblica “piazza” dove il singolo diviene cittadino.
Non senza una palpitazione avveniva questo passaggio, in ciò aiutato dal fatto che u’ ruttone ’i Pascarella è perennemente ventilato e talvolta le raffiche rendono incerto il passo.
Da piccolo: in chiesa, a scuola, in strada vi pervenivo di solito passando per il Corridoio o per Corso Umberto. Gli ambienti privilegiati erano quelli e tutti raggiungibili senza passare per quell’arco. Mi investiva di una dimensione pubblica che esprimevo nel viso, nei gesti.
Quando lo oltrepassavo da ragazzo, studente in partenza alle quattro di mattina, era lì che mi distaccavo da casa per cimentarmi con le difficoltà della vita.
Così come, quando rientravo per le vacanze con le ombre della notte già calate, u’ ruttone ’i Pascarella mi immetteva in famiglia, nel vicinato.
C’erano, una volta dentro, il negozio ’i Maria ’a pustera, il forno di Temistocle, la falignameria di Luigi Ambrosino.
Come appare stantìo oggi, e quasi retorico, attribuire a quell’arco, che prende il nome da un tale Pascarella (di antica memoria), un significato tanto importante per la crescita di un bimbo.
Sono questi quasi insignificanti elementi che mi hanno tenuto legato a questa terra. Di cui si potrà dire la pochezza sociale come la deflagrante bellezza ma che ha trasmesso ricchezza di umanità .
Un grottone: di qua il mondo dell’io, di là il mondo del reale.
Francesco De Luca