di Pasquale Scarpati
Pubblichiamo integralmente uno scritto di Pasquale Scarpati, già comparso su questo sito in versione ridotta (leggi qui). La Redazione
Quelle poche volte che riesco a rivedere l’Isola mi emoziono e faccio un tuffo nel passato. A cominciare dall’imbarco da Formia, penso: devo vestirmi in un certo modo perché, poi, quando sbarcherò, ci sarà tanta gente a poppa o’ vapore che osserva, con fare curioso, tutti quelli che passano sulla stretta passerella (come una sfilata di moda)…
Baci e abbracci, lunghi o frettolosi. C’è chi porta un vassoio di dolci sollevandolo in alto, come un trofeo (si sussurra: un lieto evento). E’ tardi, sono passate le sette di sera (di mercoledì o sabato: linea diretta da Formia; il giovedì: lo stesso da Formia ma dopo aver fatto ‘o giro ‘e Vientutene, cinque ore di mare) ma non il martedì perché, in quel giorno, ‘o vapore arriva alle cinque del pomeriggio da Napoli dopo sette ore e mezzo di navigazione e dopo aver toccato quasi tutte le isole partenopee. Negli altri giorni : nulla.
‘O vapore, mentre riposa dopo la lunga navigazione, permette agli uomini di scendere nelle sue viscere per poter tirar fuori tutto ciò che serve al loro nutrimento. Ecco, inizia il via vai delle imbarcazioni di Muscardino che fanno la spola tra la nave e la banchina per trasportare la merce che la nave tira fuori dalla sua stiva.
Questo dura fino a tardi perché la merce arriva quasi tutta da Napoli e il vino che si vende al porto arriva da Forio d’Ischia in piccole botti chiamate bordolesi. D’inverno, il vento gelido, disperde tutti in un baleno, d’estate ci si attarda, a poppa ‘o vapore, anzi talvolta si organizza anche qualche manifestazione, rustica, per un amico/amica che ritorna dalla terraferma. E poi? Si va sotto il comune, in piazza, e si attende… Ecco sulla balconata esce Vicienz’ ‘o pustiere e allora tutti col naso all’insù. Comincia a chiamare : Ci sta ‘na letter’ pe’… e poi ancora e ancora. Zia Malvina aspetta con ansia; finalmente: è arrivata una lettera dalla sorella Carmela che è emigrata negli USA. Tra l’altro ci informa che in un certo giorno (domenica), a una certa ora (la mattina presto) possiamo ascoltare la sua voce per radio. Aspettiamo con ansia l’evento. Io, in verità, aspetto soprattutto… il pacco. Finalmente arriva, c’è sempre qualche giocattolo per me. Affascinante, automatico o semiautomatico e quasi sempre, dopo qualche giorno… rotto. Di conseguenza anch’io ho le ossa rotte da mamma che… mi toglie la polvere con lo scupliaturo perché me fann mal i’ mane.
‘O vapore, quando entra nel porto, è una nave gigantesca: non ce ne sono di eguali. Quale viene oggi? Arriva? Ci sta ‘o levante o ‘o punente?
Se scirocc’, chill’ che viaggian’ ietterann’ pur ll’uocchie.
Si guarda dal Lanternino o da casa: si vede un pennacchio scuro: Sta for’ Zannone.
Si sente l’eccitazione, ci si avvia al porto. Il pennacchio si fa nave, la prua dritta con i baffi come un soldato impettito. Si avvicina silenziosa, prima di entrare nel porto lancia il suo grido di benvenuto che si spande per tutta la rada, come per dire: Eccomi! Sono qui.
Entra nel porto: è il Gennargentu. Ecco: la prima ancora si tuffa nel mare seguita dal rumore dello srotolamento della catena e ‘o vapore comincia a virare, dopo un po’ si sente il tonfo della seconda. Il mare si contorce sotto la pressione dell’elica e la nave continua a virare lentamente, quasi voglia, signore della rada vuota e silenziosa, perlustrare accuratamente il circondario. Impiega molto tempo per fare questa manovra, ma alla fine riesce, quasi a fatica, a mettersi in direzione della piccola rientranza dove deve attraccare e lentamente arretra; la catena continua a srotolarsi con suono metallico. In prossimità della rientranza del molo vola il sacchetto con la cordicella inseguito dagli occhi di tutti, di seguito vengono calate le robuste cime che si avvinghiano alle bitte. La nave, docilmente, se il mare è buono, si lascia guidare dagli uomini e dal suono del fischietto del secondo ufficiale (per questo si dice, dopo aver mangiato il primo piatto e poi non c’è più nulla, che ‘o sicond sta a buord’ ‘o vapore) che, in questo modo, lancia nell’aria i segnali ai marinai che stanno a prua a controllare la catena dell’ancora ed al comandante ritto in alto fuori dalla cabina di comando; ma se c’è vento e risacca, la manovra diviene piuttosto difficoltosa, la nave si muove a destra e a manca, diviene disubbidiente ma alla fine deve cedere alla volontà dell’uomo.
Tutti i passeggeri, dopo essersi rassettati e composti nella toilette (devono scendere in modo decente: le donne si pettinano e si danno un tocco di trucco, i bimbi sono spinti a fare gli ultimi bisogni, mentre gli uomini recuperano il bagaglio sparso sotto le panche di legno) si accalcano a poppa e allungano l’occhio per scrutare. Finalmente viene issata la stretta passerella, viene legata velocemente e si può scendere. Un giorno arrivano – di già? – gli extracomunitari: uomini e donne dalla faccia scura! No! E’ solo che il vento ha abbassato il fumo nero delle caldaie e così…
Pasquale Scarpati
[U’ vapore (1) – Continua]