Caro Silverio Lamonica, mi chiedi della scuola.
A scuola a mala pena si studia Verga, e certamente nessun giovane è disposto a seguire la filosofia dell’ostrica. So benissimo che questa morale suona sgradita agli orecchi dei giovani e della gente di oggi, ma certe logiche restano incontrovertibili, anche quando non le condividiamo.
Nella società odierna la scuola non è più l’unica agenzia culturale che fornisce il Sapere. Oggi, per fortuna, le fonti di conoscenza sono infinite e i giovani sono bombardati da input di ogni genere. La comunicazione avviene in tempo reale con messaggi sintetici e veloci. C’è da perdere la testa. Come si fa ad orientarsi in questa enorme giungla di informazioni? Come ci si difende da tanti messaggi a volte perniciosi e fuorvianti, senza avere maturato in noi anticorpi culturali che possano tutelare la nostra integrità morale e il nostro corretto vivere? Ci si perde. E si segue ciò che ci sembra al momento più bello e attraente.
Una volta la funzione principale della scuola, come da ordinamento, era quella di concorrere “a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione.”
Oggi non è più così: infatti il “Testo Unico delle leggi sulle scuole di ogni ordine e grado” del 16 aprile 1994 ha abrogato tale norma, sostituendola con una più tenue dicitura e senza più alcun riferimento ai principi costituzionali: “(La scuola) promuove, nel rispetto delle diversità individuali, lo sviluppo della personalità..” ed ha il fine “di educare ai principi fondamentali della convivenza civile ”. Così nel 1994 insieme alla Prima Repubblica sono stati messi in soffitta anche valori fondanti la scuola dell’obbligo.
La verità è che oggi la società, nel suo ritmo frenetico e inarrestabile, ha bisogno sempre più di produttori e consumatori (produttori sempre meno, consumatori sempre più). Nei paesi ricchi il desiderio della massa globalizzata è soddisfare il bisogno (indotto) di beni di consumo, che danno un illusorio e momentaneo senso di benessere.
Tutto questo mentre il nostro Presidente del Consiglio Monti fa l’apologia del lavoro a tempo determinato (precariato a vita), biasimando il lavoro a tempo indeterminato (posto fisso).
Poi si capisce perché i giovani sviluppino l’istinto della giungla sociale dove vige la legge del più forte, senza futuro, senza tutele sociali, lasciati allo sbando e in preda ad un mercato dove trionfa il liberismo più immorale e più controproducente.
Rispondendo a Vincenzo Ambrosino, tu dici: “Se la SCUOLA è debole significa che gli INSEGNANTI sono deboli”. Non credo che questo sia sempre vero. La scuola è debole perché ormai deboli sono i valori che da sempre propala. Valori che non corrispondono più a quelli che i giovani incontrano tutti i giorni nella società. I giovani oggi arrivano a scuola con un loro bagaglio “culturale” e valoriale consistente, che non sono affatto disposti a mettere in discussione; bagaglio acquisito nelle libere università del “muretto” e nei master conseguiti nei corsi serali (anzi notturni) delle discoteche e dei pub. Hanno avuto per maestri, in liberissima docenza, uomini e donne di successo, divi dello spettacolo e dello sport.
Ecco perché al professor Vincenzo Ambrosino sembra di “seminare in un deserto”. Va compreso, e il suo doloroso grido d’allarme raccolto. Chi opera nella scuola sa bene come vanno le cose.
I tradizionali centri educativi, la famiglia, la religione, la scuola, la politica, oggi sono in crisi. Messi fuori uso dalla società moderna che bada solo al profitto globalizzato dell’alta finanza e delle banche. In questo modello di società si restringono gli spazi di umanità e di impegno civile. Tutto è incentrato sull’ego.
Anche Ponza ha scontato questa triste realtà e ne paghiamo le conseguenze.
C’è oggi a Ponza qualcuno tra noi (soprattutto tra i giovani) disposto, come Alessia, a risalire la china e sulle orme del nonno ristabilire gli antichi valori sui quali costruire un nuovo e sano modello di società dove si riesca a coniugare efficacemente sviluppo e progresso?
In questo momento Ponza è come la “Concordia”, (che potremmo più opportunamente ribattezzare “Discordia”) adagiata su una secca, semiaffondata. Il capitano e gli ufficiali (che hanno stoltamente navigato violando anche le più elementari regole della navigazione) sono stati arrestati e verranno processati. Tra i passeggeri chi ha potuto si è messo in salvo. Gli altri, molti, sono rimasti imprigionati nella nave inclinata in un precario e difficile equilibrio, in condizioni praticamente invivibili.
Come si potrà raddrizzare la nave, mettere in salvo i passeggeri e riprendere la navigazione?
Prima di tutto bisognerà otturare la falla, pompare l’acqua e far riemergere lentamente lo scafo mettendolo in equilibrio e poi risistemare tutto. Ma i passeggeri dovranno darsi molto da fare e non pensare solo a riordinare la propria cabina e a mettere in salvo i propri effetti personali: bisogna risistemare l’intero scafo, altrimenti non si naviga. Una volta sistemato tutto, mettere al comando nuovi ufficiali e un buon comandante che conosca e rispetti il Codice della Navigazione, ma che sappia anche navigare col cattivo tempo e contro le avversità. Naturalmente non potremo fare tutto ciò senza l’aiuto dello Stato.
Un’opera titanica, come si vede.
Ma non c’è tempo da perdere. Rimbocchiamoci le maniche. E nessuno si tiri indietro. Prima però facciamoci un bel segno della croce.
Gino Usai
FINE
Vincenzo Ambrosino
12 Febbraio 2012 at 17:15
Caro Gino, ovviamente ho seguito tutte le tue puntate di “Ponza è un’isola” e sapevo dalle prime battute che il “buon professore” alla fine solidarizzava con il “cattivo professore”, ma vorrei sottolineare un concetto: il dio denaro ha messo in evidenza le inadeguatezze della nostro sistema culturale non certo le ha create”.
Quest’isola, e tu l’hai detto, ricercandolo nella mancanza del suo medioevo, ma più vicino nella colonizzazione borbonica, è cresciuta individualista, adeguata a gestire l’orticello in una società chiusa, inadeguata a riorganizzare una società aperta, moderna in cui dovevano trovare accordo tradizione e progresso.
Ma anche nei Malavoglia questi difetti erano presenti!
Alle sventure dei Malavoglia partecipavano tutti gli abitanti del paese, con spirito di compassione ma anche di scetticismo, di crudele accanimento nei confronti delle disgrazie altrui, cercando di scongiurare le possibili loro disgrazie e approfittando di quelle degli altri. Ecco alcuni commenti dei paesani: “Adesso colla Provvidenza i Malavoglia potranno tirarsi su un’altra volta e la Mena sarà di nuovo un bel partito”. Oppure: “Ora se la ruota non gira per i Malavoglia, la casa del Nespolo se la piglia Piedipapera e la Provvidenza torna da compare Turi”…
Anche i bambini si accaniscono contro Alessi, un piccolo Malavoglia nel giocare a nocciuoli: “Tu vattene se non hai nocciuoli per giocare. Ora vi pigliano anche la casa”. E’ la logica della miseria o della possibile miseria che contamina anche l’animo dei bambini: “Ad albero caduto, accetta, accetta”
Pensa ai Malavoglia e i suoi compaesani contaminati dal dio denaro!