Dibattito

Ponza è un’isola (4)

di Gino Usai

Con la morte di Dies, avvenuta nel 1973, il “gregge” si smarrisce, l’organizzazione religiosa si disperde, l’Azione Cattolica si scioglie, le pratiche sacramentali e la stessa fede si affievoliscono. E’ il ’68. La voglia di libertà e di autodeterminazione divampa in tutto il mondo. Giustamente. La cultura cosiddetta “alternativa” giunge anche a Ponza, portata dagli studenti universitari che si ritrovano ne “La Comune”: siamo a metà degli anni Settanta.

Il 1975 segna una nuova svolta per Ponza. Questa volta si direbbe positiva. Le forze politiche e il popolo intero si uniscono per porre fine al governo democristiano del dottor Sandolo (che durava da 23 anni!) e portare a termine la lotta per la chiusura della miniera. Con l’abbattimento di Sandolo e la chiusura della SAMIP, Ponza entra in una nuova fase. Inizia il boom turistico.

Già nel 1977 Franco De Luca capì l’inclinazione della nave e l’imminente possibilità di naufragio. Scriveva profeticamente nel suo pamphlet intitolato “Ponza: quale futuro”:

“Non starò ad analizzare il perché del boom turistico. Dirò cosa ha prodotto nella società. Purtroppo ha accresciuto l’antico individualismo. Perché? Perché i Ponzesi non sono riusciti a gestirlo, a guidarlo, a dominarlo. (…) Ciascuno per sé. E per tutti? Per tutti c’è potente la tentazione a lavorare tre mesi e oziare per i nove restanti. (…) C’è il colposo guardare l’isola come bene da consumare, anche a costo di alternarne l’equilibrio biologico, il quadro paesaggistico. la natura geologica. C’è l’insano instillare nei giovani la mentalità che Ponza è luogo di vacanza e non la terra dove sono nati e dove (…) hanno l’incarico di tramandare le tradizioni, di rinnovare i costumi. C’è il sottile, infido sentirsi arrivati socialmente. Se questo è lo stato di fatto, la comunità vivrà, ma si nutrirà di legami formali, epidermici, di comodo. E si sfalderà. Le tradizioni scompariranno, la terra diverrà luogo di accaparramento edilizio, politico, economico dei più spregiudicati, degli estranei; la gioventù non si riconoscerà nell’ambiente fisico-umano. Apocalittica conclusione.”

Ma non avevamo ancora toccato il fondo.

Sul finire degli anni Ottanta con l’occupazione “manu militari” delle spiagge, delle banchine, dei marciapiedi e degli specchi d’acqua si è imboccata la strada dell’illegalità diffusa. Ci sono stati di recente persino atti che sono sembrati dolosi e di intimidazione camorristica, come  incendi di barche, gommoni, macchine e pontili. Si è così raggiunto il punto di non ritorno.

La magistratura ha fatto il resto. E il resto è cronaca.

***

Così il turismo incontrollato, massivo e caotico, ha accentuato l’individualismo e la filosofia del si arrangi chi può. Filosofia che nessuno ha osato contrastare e che ha prodotto la disgregazione finale della nostra già fragile comunità.

Oggi Ponza è al collasso. Non poteva essere diversamente. Si è voluto trasformare l’isola in qualcosa di innaturale e artificioso. A tutti i costi (costi alti, costi umani!) si è voluto far credere che si poteva abusare all’infinito del nostro territorio e della nostra gente. Si è fatto scempio degli spazi pubblici accaparrandoseli in una disputa illegale che ha minato la cultura e la morale stessa della nostra comunità. Con la crescita del flusso turistico è cresciuto il valore dei beni immobili e dei terreni. Ogni pietra si è trasformata in oro, alterando il regolare mercato e il buonsenso. I prezzi degli immobili sono schizzati alle stelle e abbiamo perso la testa ( e la faccia). Abbiamo litigato coi vicini di casa, con gli amici, coi parenti: si sono smembrate le famiglie! Un noto legale di Formia, a cui si rivolgono tanti ponzesi, ha detto che deteniamo il record di controversie giudiziarie nella provincia di Latina: i ponzesi hanno fatto cause anche per il cimitero!

E’ logico che in una realtà simile ci si ammalasse di quella sindrome che Vincenzo Ambrosino nel suo articolo ha chiamato: “Familismo amorale”. Una malattia che vede la comunità sfaldarsi sotto l’affermazione dell’egoismo più cialtrone e dirompente; egoismo diventato valore supremo dei tempi nostri, moderni e competitivi.

Volevamo dimenticare – e forse l’abbiamo dimenticato – che Ponza è un’Isola! E come tale va vissuta, rispettata e amata; curata e difesa dall’attacco degli esterni e di chi vuol farle male.

Ponza deve progredire e migliorare (di molto) le condizioni di vita dei suoi abitanti, diventare più vivibile e civile. Ma senza snaturare il suo essere Isola, con tutte le straordinarie e meravigliose  particolarità che solo un’isola può avere. Abbiamo dimenticato che il bene collettivo è il bene di tutti e che l’egoismo porta solo alla rovina. Non si vince da soli la battaglia della civiltà e dell’emancipazione, la si vince insieme, o la si perde insieme.

(Continua)

Gino Usai

 

1 Comment

1 Comments

  1. giovanninappi

    7 Febbraio 2012 at 18:50

    Vorrei rompere il ghiaccio e sperare di avviare numerosi commenti a questo intervento di Gino Usai perchè mi sembra importante l’analisi fatta da lui sulle cause del degrado odierno dell’isola. Secondo me è necessario condividerle perchè solo riconoscendole è possibile trovare la bussola che può guidare i ponzesi verso una inversione di rotta, altrimenti non ci sarà riscatto e l’involuzione già in atto sarà irreversibile.
    Le prossime elezioni potrebbero essere una occasione da non perdere se si ha a cuore il bene dell’isola.
    Giovanni Nappi

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