Attualità

“A Ponza chiuse le Grotte di Pilato”

di Silverio Lamonica

 

E’ la notizia che ho letto proprio oggi su “Il Messaggero – Cronaca di Latina”, pag. 32, come sottotitolo di un’altra notizia, altrettanto poco piacevole: “Palmarola, abuso con vista mozzafiato” (Se non riusciamo a mantenere intatto questo nostro patrimonio inestimabile, come possiamo pretendere di “fare turismo”?).

Comunque, il commissario prefettizio, Dottoressa Iadicicco, è stata evidentemente obbligata ad adottare tale provvedimento restrittivo, sulla base di relazioni e perizie tecniche ben documentate.

E’ un altro “vulnus” che si aggiunge all’altra preclusione: Chiaia di Luna, con l’altro capolavoro di architettura romana: il tunnel, non più fruibile. Di questo passo tutti i punti più pregevoli dell’isola, dal punto di vista ambientale e storico, saranno vietati al pubblico. Come se chi volesse visitare Roma si trovasse nell’impossibilità di ammirare dall’interno San Pietro o il Colosseo (a quanto pare anche quel monumento sembra correre gli stessi rischi, ben magra consolazione!). Se poi a questi aggiungiamo altri siti archeologici impraticabili: “La Grotta del Serpente” a Santa Maria, “La Cisterna Romana” della Dragonara ed altri ancora, che non sto qui ad elencare, si comprende la portata di questa gravissima situazione.

Il Colosseo ha trovato in Della Valle uno “sponsor” prezioso. Ma potrà essere possibile altrettanto per “Le Grotte di Pilato?” Temo proprio di no, anche se un timido “mayday” è bene lanciarlo. Il Ministero dei Beni Culturali? Ha troppe gatte da pelare, prima fra tutte Pompei. La Regione? Ma se non è stata in grado di sostituire il Quirino in riparazione, lasciandoci quasi a piedi, anzi… a nuoto. Il fatto è che “le vacche sono troppo magre”.   Forse, se noi ponzesi sapessimo unire le nostre forze… magari potremmo farcela… Chissà!

Intanto voglio proporvi un sonetto in dialetto ponzese, scritto da mio fratello Tommaso, sul monumento di età augustea di Ponza, dichiarato di recente “pericolante”. Tanto per “esorcizzare: a mala sciorte del medesimo”, sperando di non doverlo rimpiangere in eterno, così come, nella maestosità di quei medesimi ambienti, Nerone e Orestilla rimpiansero la loro libertà perduta per sempre.

Silverio Lamonica

 

I rrotte ‘i Pilate

 

Pare ‘i trasì, quanne ccà dinte trase,

nda natu munne. S’aizzene voce

cupe ‘a ‘int ‘u mare e ll’ombra ce sta ‘i case.

Se ferme u sciate e ll’aneme s’addoce

nnanz’ a ‘stu monumente ch’è rrummase

cumme fuie fatte a i tiempe ‘i Criste ncroce.

Chi sa cumm’ere bbelle, quanne vase,

statue, marme abbellivene ‘sti rrocce!

Mo song’annude i mmore, ‘so vacante,

senza ddie cappellacce, nicchie e autare,

nun ce stanne murene ‘nduvinante.

Sulamente voce cupe ‘a ‘int’ u mare:

Orestilla, Nerone cu ati muorte

chiagnene eternamente a mala sciorte.

Tommaso Lamonica

(Da “Vivere Ponza” – anno I  n. 1  – 1985)

 

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