Attualità

Così è, se vi pare

di Enzo Di Giovanni

 

Anche se non scrivo, spesso dò una scorsa al sito.

Se intervengo solo adesso in questa discussione è perchè mi sembra sempre più evidente che si stiano delineando due scuole di pensiero divergenti, se non addirittura in antitesi, il che rende interessante la discussione stessa, facendola diventare “quasi” un laboratorio politico.

Mi riferisco a chi ritiene utile utilizzare queste pagine per pensare all’amministrazione che verrà, e chi invece pensa che ponzaracconta rischi, a fronte di ciò, di perdere la propria natura. Dico subito che io propendo per la seconda tesi.

Il dibattito è iniziato, tempo fa, come una sorta di “toto-elezioni”.

Uso questo termine, di cui mi perdonerete la facile ironia, perchè non mi entusiasma l”analismo” di maniera con cui ciclicamente si partecipa alla vita pubblica (intendendo le elezioni amministrative).

Non mi entusiasma perchè a Ponza il “dibattito” è storicamente funzionale al mantenere lo status quo che prevede l’assenza di partecipazione.

È un ossimoro? Ponza è piena di ossimori.

Di fatto, se si vuole mettere una pietra tombale su questo sito, come su altri precedenti, non c’è da fare altro che “dibattersi” alla ricerca di improbabili soluzioni tecnico-tattiche, o alla costruzione alchemica di una nuova classe dirigente che non esiste. Francamente, da un luogo d’incontro partecipato, ben fatto, come ponzaracconta, penso vi sia da auspicarsi qualcosa di più e soprattutto di diverso…

Eppure c’è un fattore unificante tra le tante opinioni che si leggono giornalmente sul sito: la consapevolezza che a Ponza non c’è una società civile organizzata.

Mi spingo oltre, con quella che potrebbe sembrare una provocazione, ma non lo è.

A Ponza l’ultimo dei problemi è l’Amministrazione.

Certo, se fosse possibile un governo di “tecnici”  – per rimanere all’attualità – in cui raccogliere quanto di buono e disinteressato l’isola possa offrire in termini di risorse umane, sarebbe, come dire, propedeutico. Ma sappiamo tutti che non è possibile.

Ergo, di conseguenza non necessario.

Quello che manca nella nostra isola è la partecipazione attiva, senza la quale non esiste comunità.

È questa la vera scommessa, è questo il volare alto in cui potrebbe cimentarsi un luogo come ponzaracconta. Potrebbe, non perchè all’improvviso scopriamo una comunità reale di cui fino ad ieri non sospettavamo neppure possibile l’esistenza (e che infatti non esiste), ma perchè le nuove dinamiche partecipative (la rete) rendono possibili aggregazioni e dinamiche nuove, in questo sito come altrove.

Possiamo noi vincerla questa scommessa? Conoscendo “da dentro” Ponza sono costretto a dubitarne, in questo concordo con lo scritto di Franco Ambrosino, che ho appena letto.

La partecipazione attiva non è cosa semplice: presuppone due postulati che non albergano di norma nelle nostre menti, e, vorrei poter aggiungere, nei nostri cuori:

  1. essere immuni dalla sete di potere, o di comando fine a se stesso.
  2. sentire una forte indignazione civile (sempre per rimanere all’attualità).

I due punti sembrerebbero disgiunti: in realtà sono molto più rapportabili di quanto si possa pensare.

Il problema è che l’indignazione non cresce sugli alberi. Non si compra al supermercato, al contrario del potere.

Ora, mi chiedo, e vi chiedo, ha senso in una tale situazione porsi il problema di quali dovrebbero essere i punti fondanti di una prossima amministrazione? Se non si parte dal basso, se non si analizzano le ragioni che hanno permesso un degrado sociale così spinto (degrado che io identifico nella impermeabilità ad ogni crescita strutturale), che senso ha ipotizzare linee programmatiche di un non meglio identificabile e perciò non auspicabile, “nuovo che avanza”?

Mettere a nudo e vedere cosa resta, se resta.

Questo, non altro, sarebbe davvero utile.

 

Enzo Di Giovanni

5 Comments

5 Comments

  1. Silverio Lamonica

    8 Dicembre 2011 at 20:33

    Al titolo pirandelliano rispondo con i noti versi di una canzone dell’indimenticabile Giorgio Gaber: “…la libertà è partecipazione”.
    Caro Enzo, tu hai scritto, giustamente, che occorre creare la consapevolezza di appartenere ad una comunità attraverso la partecipazione (almeno così ho capito). Vedi, in poco tempo questo sito ha raggiunto quasi 200 pagine e sta per collezionare mille articoli (la cosa mi è stata riferita dall’amico Sandro che di partecipazione se ne intende molto più di me). Non dobbiamo “piangerci addosso” (mi ostinerò sempre a ripeterlo con buona pace di chi non è d’accordo con me su questo motto). “La goccia scava la pietra” …e le gocce stanno per diventare mille!
    Non scoraggiamoci proprio ora…siamo sulla buona strada… “àdda passa’ a nuttata” e ti assicuro, se lo vogliamo – e da quel che leggo non siamo pochi – il giorno spunterà.
    Ciao, Silverio.

  2. Gennaro Di Fazio

    9 Dicembre 2011 at 03:07

    Caro Enzo,
    Ponza ha già tanti problemi e poco dinamismo, non ti ci mettere pure tu con questo pessimismo, che più che di analisi sa tanto di pigrizia mentale e passionale. Iniziando dal titolo, così come con il prosieguo dell’articolo, vedi per esempio: “…a Ponza il dibattito è storicamente funzionale al mantenere lo status quo che prevede l’assenza di partecipazione”; sembra che tu voglia solo dire che a Ponza non c’è niente da fare e che il dibattito è inutile. Io, noi di “Ponzaracconta”, quelli che ci scrivono e tanti nostri lettori, non siamo dello stesso parere, anzi molti ci incitano a portare avanti il dibattito perché sembra che allo stato dei fatti sia l’unico modo per smuovere le coscienze assopite; anche perchè non credo si stia facendo “analismo”, come dici tu, ma confronto, a volte anche di buon livello, tra più parti. Mi fa specie che tu, ex assessore, pensi che l’Amministrazione sia l’ultimo dei problemi! Ma chi fa le scelte di un paese? Come si può cambiare l’economia, la qualità della vita e la moralità di un popolo? Chi è che imposta la cultura e conseguentemente la mentalità della gente? La storia ci ha insegnato che nel piccolo come nel grande, è l’azione politico – amministrativa che cambia le sorti ed il futuro delle persone. Oggi, con l’eccessiva personalizzazione della politica, spesso le cose cambiano, in male o in bene, già con il solo cambiamento di un segretario di partito, di un presidente di Regione o di un Sindaco.
    Come pensi che si possano smuovere le opinioni delle gente, le mentalità e quindi i voti, se non con il dibattito. Quello che avviene su “Ponzaracconta” ha solo il difetto di essere blando, cerca di arricchirlo anche tu, non con “anche se non scrivo, spesso dò una scorsa al sito” ma scrivendo e andando sempre sul sito, analizzando gli articoli del dibattito e rispondendo; e se pensi che esso sia insufficiente, allora attivatati con la gente e fa’ in modo che le azioni e le iniziative vengano dal basso, come dici tu. Ponza è piena di problemi non pieni di ossimori, diamoci da fare tutti, proponiamo, ma soprattutto cerchiamo di essere propositivi ed ottimisti; dei disfattisti e dei pessimisti non sappiamo cosa farcene, ce ne sono già troppi. Per quanto riguarda poi la tua ultima frase: “Questo, non altro, sarebbe davvero utile”, ti invito a leggere il libro “La fine delle certezze” di Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica nel 1977, il quale mette in crisi il determinismo e le certezze nel mondo fenomenico. E se le certezze sono finite finanche in fisica, dove tutto sembrerebbe causa ed effetto, figuriamoci in politica dove esistono innumerevoli, direi quasi infinite, interazioni con la cultura del tempo, l’economia vigente, le condizioni emotive delle persone e tante altre situazioni.
    Comunque, nonostante la mia ‘feroce’ reazione al tuo articolo – perdonami ma sono un inguaribile ottimista – spero ancora di averlo interpretato male; dammene la dimostrazione continuando a scrivere, a proporre e a intensificare il dibattito, per arrivare poi alle azioni operative finalizzate ad uscire da questa crisi ponzese che investe non solo la politica e l’amministrazione locale, ma tante altre questioni ad esse collegate.
    Con affetto
    Gennaro Di Fazio

  3. enzo di giovanni

    9 Dicembre 2011 at 10:09

    Pensavo proprio a Gaber, quando ho scritto “ l’indignazione non cresce sugli alberi”: uno dei versi di quella magnifica canzone-manifesto recita infatti “la libertà non è star sopra un albero”.
    C’è poi un altro verso che dice: “la libertà non è star sopra un’isola”. Evidentemente, caro Silverio, Gaber pensava a noi…
    Nell’interessante saggio “La trama della vita”, Jerome Kagan, psicologo di fama mondiale, ci dice (supportandolo ovviamente con dati sperimentali) che chi nasce in una piccola comunità ha maggiori possibilità di aver successo nella vita al cospetto di chi nasce in una metropoli. Questo perchè il fatto di vivere in un ambito ristretto fa si che vengano “valorizzate” le capacità di ognuno, spingendo l’individuo a ritenersi speciale, con la conseguenza che quando lo stesso si trasferisce in ambienti più affollati ha la meglio su chi, a parità di capacità, ha subito la depressione caratteriale di essere solo uno tra tanti. Quanto sia vero questo dato lo verifichiamo di continuo: sono tanti i ponzesi “fuori sede” che nei più svariati campi hanno “successo”, evidentemente grazie anche a quella marcia in più.
    Chi rimane a Ponza, purtroppo, “subisce” il rovescio della medaglia: ognuno pensa (magari a volte in buona fede) di avere la verità in tasca, tende a far passare il proprio pensiero come “il migliore” ed il massimo a cui si può ambire è la sovrapposizione di tanti “pensieri unici”, in cui il confronto è solo finalizzato ad una sorta di guerra tra mondi, non certo alla costruzione di una società diversa.
    Ma tu queste cose le sai benissimo Silverio, e non devo certo insegnartele io. Ce le raccontiamo ogni volta che ci incontriamo, massimo in tre, fuori l’edicola o in libreria…
    Comunque, per tranquillizzarti, il mio non è certo un piangersi addosso, ne una ritirata sull’Aventino, altrimenti non sarei qua.
    Io non sono nè ottimista né pessimista: semplicemente, avendo smesso di essere buonista, e ritenendo dal mio punto di osservazione Ponza un ammalato grave, ho l’impressione che solo con una forte azione de-costruttiva si possa ottenere una sana re-azione. Ecco perchè preferisco, come già citato a mò di esempio, un pezzo “negativo” come quello di Franco Ambrosino, rispetto ad altri più “costruttivi”.

    P.S.: a proposito di re-azione, ti ringrazio per le tue riflessioni, Gennaro.
    Ti risponderò in maniera articolata appena posso.

  4. Enzo Di Giovanni

    9 Dicembre 2011 at 20:39

    Caro Gennaro,
    è facile estrapolare frasi dal contesto, e porre l’accento su quello che ci pare.
    Lo facciamo tutti, per carità, anzi, diciamo che è inevitabile, ma questo non può cambiare il senso di ciò che viene detto.
    Non ho mai detto che il dibattito è inutile.
    Di inutile, anzi nocivo, è la lista della spesa.
    L’illusione, (e mi pare che io e te ci siamo già cascati in passato, o no?…) cioè, che basta fare l’elenco dei problemi ed un abbozzo di soluzioni per cambiare il destino di una comunità.
    Ancora peggio, pensare che da ciò possa scaturire un consenso popolare.
    Ancora peggio, se possibile, che questo consenso possa poi tramutarsi in partecipazione attiva.
    La storia di Ponza ha dimostrato nel passato breve e meno breve che ciò non accade. Contrariamente ad alcuni dei soggetti che partecipano al dibattito, io non credo che la storia possa cambiare oggi, semplicemente perchè non vedo elementi nuovi tali da modificare, appunto, il corso delle cose.
    L’unica novità degli ultimi anni, ed infatti l’ho rimarcato, è internet, in quanto strumento capace, per sua natura, di creare aggregazioni e dinamiche nuove. Ma internet è uno strumento, un surrogato, non può la rete da sola incarnare l’anima di un popolo.

    Non ho neanche detto che “l’Amministrazione è l’ultimo dei problemi”. Ho solo detto che, non vedendo profilarsi all’orizzonte una miracolosa e straordinaria nuova classe dirigente (oltretutto, in un periodo di vacche magre), ritengo fuorviante perdere tempo a tracciare una rotta verso l’isola che non c’è. Perchè la politica, la vita in genere, deve occuparsi di ciò che è necessario, torno a dire.
    E necessario è solo ciò che si può fare.
    Discutere del famoso sesso degli angeli, ad esempio, potrà pure essere un argomento stuzzicante, per qualcuno, ma non ha mai spostato di una virgola la qualità della vita di ognuno di noi.
    E’ un film visto e rivisto, Gennaro. Mi stupisco che tu non te ne renda conto: concedimi di dirti che forse sei in “trance agonistica” come gli sportivi intervistati tra un tempo e l’altro di una partita (me lo concederai senz’altro: è meno cattivo della “pigrizia mentale e passionale” in cui tra l’altro non mi riconosco affatto che mi sono beccato da te…).
    E’ un vecchio film che personalmente vivo direttamente, da ponzese residente, da almeno 5 tornate amministrative.
    Ad ogni elezione c’è l’uomo forte che evidentemente incarna lo spirito di chi ritiene che tutto sommato va bene così, che il cammino è giusto, che l’apparente “forza” del sindaco possa essere sufficiente a mediare gli interessi isolani nei rapporti sempre difficili col “continente”, e che, dulcis in fundo, spera che il proprio rappresentante si ricordi dell’elettore quando andrà a bussare (a scanso di equivoci, per “bussare” intendo cose personalistiche ma lecite: dalla “famosa” lampadina fuori casa, al progetto per il cucinino, alla licenza per un’attività commerciale, ecc.: tutte cose, cioè, che di norma dovrebbero essere tutelate a prescindere, in un paese normale, appunto).
    C’è poi, per bilanciare, la lista alternativa (che può essere “lista dei giovani”, ma non sempre: quando partecipammo insieme c’erano “le liste dei dottori”. Diciamo che sono alchimie congiunturali).
    Possono vincere le une o le altre ( ed in effetti c’è stata finora una certa alternanza storica).
    Cosa hanno lasciato in eredità questi governi, almeno analizzando gli ultimi vent’anni, da quando cioè è cambiata la legge elettorale che di fatto ha tolto poteri ai partiti ed aumentato di contro il potere ai sindaci?
    Nulla.
    Non mi riferisco ad eventuali opere realizzate che legittimamente ogni sindaco trascorso potrebbe rivendicare, ma mi riferisco al tessuto umano e sociale: in ultima analisi, l’unica cosa che conti davvero per il futuro di una comunità.
    E’ necessario assistere alla riedizione di questo film, oggi, a Ponza?
    Io ritengo di no.
    Il film ovviamente si farà, ma se vogliamo realmente produrre elementi di novità, diamo almeno il senso che non sia la cosa più importante.
    Ed è su questo che, mi pare, siamo in reale disaccordo.
    Tu dici che “è l’Amministrazione Comunale che cambia l’economia, la qualità, ed (addirittura) la moralità di un popolo”. Se mi passi la battuta, a me non pare che il quasi ventennio di Berlusconi abbia mutato la percezione della mia moralità personale.
    Io invece sono convinto che la rinascita deve partire dal basso. Senza padrini e padroni.
    E’ semmai la società civile che, soprattutto nei piccoli centri può pungolare e rendere migliore l’amministrazione di turno, fin nell’elaborazione, embrionale, delle sue linee programmatiche.
    Ho partecipato con autentico sgomento ad incontri pubblici in cui si chiedeva all’amministratore di turno di “risolvere” i problemi. Ci sono tante persone, pure tra quelle che scrivono abitualmente su Ponza racconta, che pensano che una volta scelto l’Amministratore, questi debba, con la sua bacchetta magica, tramutare il piombo in oro. Come e perchè non interessa.
    Te lo rappresento, brutalmente, con un detto tipico che ho sempre avversato: “I chiamm papà a chi m’ da a mangià”.
    Ho vissuto questi “dibattiti” da entrambe le parti della barricata. Da cittadino col fastidio di dover cedere il mio diritto di partecipare allo sviluppo del mio paese al mio rappresentante amministrativo, senza filtri. Da consigliere comunale con lo sconcerto di non poter contare sulla partecipazione di nessuno. Perchè purtroppo sono veramente poche le persone che sfuggono a questo teorema.
    Come vedi ritorna spesso questa parola, partecipazione. Ed infatti, il punto focale del mio argomentare, che tu non hai colto, è il “degrado che io identifico nella impermeabilità ad ogni crescita strutturale”. Per struttura intendo sia quelle sociali, la capacità cioè di aggregarsi nel tempo attorno a delle tematiche, che quelle “reali”, cioè la volontà di occupare con altri, senza prevaricazioni, spazi fisici.
    Fino a quando non capiremo che la cittadinanza attiva non solo è permessa , ma anzi necessaria, un dovere civico, e che solo attraverso essa potremo realizzare strutture che rimangano nel tempo, ogni altra considerazione è sprecata.
    Ed ogni azione programmatica che non sia direttamente rivolta a tale obiettivo, ribadisco, inutile.

    Con identico affetto e stima,
    Enzo Di Giovanni

  5. Fausto

    19 Gennaio 2012 at 13:59

    Ciao penso sia così: prima si costruisce il tessuto socio-culturale incoraggiando ad esempio il teatro, gli sport vari, gli incontri delle associazioni, tramite la cooperazione ci vuole il turismo dei sentieri per prolungare e integrare le attività lavorative, valorizzare le bellezze naturali ecc.., e solo in ultima analisi potrà nascere qualche cosa per le amministrative locali, in questo caso l’amministrazione che verrà a prescindere dal suo colore politico sarà l’espressione di qualche cosa che esiste almeno in minima parte.

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