di Antonio De Luca
L’inverno finì in marzo.
Marzo il mese della tramontana,
bruciano i sarmenti delle vigne.
La primavera in aprile è delle gemme sui tralci.
La calura di un antico maggio
ricca di giovani fiori e dolci doni
porta rondini ginestre uccelli di passo
vino fresco pane raffermo pesce salato.
Solo, nascosto tra una scogliera e il mare,
quando il sole su nel cielo lascia i mari,
tra scogli e nasse guardo gli uccelli d’Africa
ritornare, rinascere fatalmente mediterraneo
fuggiasco rinascere, rinascere poema
rinascere in questo paesaggio immateriale
sentito già nel ventre che mi ebbe.
Rinascere e poi nascere ancora.
Il sole di maggio non dà tregua
e l’anima all’ombra di ogni desiderio
fuori l’antica loggia attende.
Rinascere “insulato”.
La sera nella volta lucente di astri
brilla la chioma della Regina di maggio
colei che il cuore nascondeva coraggiosa.
A Oriente dell’Orsa maggiore
appaiono i suoi riccioli luminosi
e brilla il mare di lune e lucciole l’aria.
Su questa roccia agli orizzonti della terra
sei tu e sono io sotto questa volta.
Simili a gemme sul letto di porpora e oro
la notte ci inghiotte d’amore alla radice.
Le risonanze del comune destino
il fuoco divoratore abisso utero,
ti vivo addosso sul mio corpo
anime spogliate a solitudini e sogni
tu legata ai nostri baci
come foglia resisti al vento d’inverno.
Da quella volta non ci lasci andare.
Ogni maggio questa nuda roccia
la volta celeste le lucciole felici
di Berenice la chioma attendono.
Antonio De Luca
Atlas Coelestis – Johannes Hevelius dipinse le constellazioni in Uranographia, la sua mappa celeste, nel 1690
Commento
di Sandro Russo
La Chioma di Berenice (Coma Berenices) è una delle 88 costellazioni moderne; si trova vicino alla costellazione del Leone. Si osserva nell’emisfero boreale da marzo a agosto ed è una figura tipica del cielo primaverile e dell’inizio estate, quando si presenta molto alta nel cielo.
Era – la Berenice che diede origine al mito – una regina d’Egitto del III sec. a. C., dalla folta chioma, che fece voto agli Dei di tagliarsi i capelli se il marito (Tolomeo III Emergete: anche suo fratello, secondo la tradizione dei faraoni egizi) fosse tornato vittorioso dalla guerra in Asia.
Quando il suo desiderio si avverò, la Regina depose la chioma nel tempio. Da cui inspiegabilmente sparì. Fu allora che Conone di Samo, un matematico e astronomo che lavorava a corte, indicò il gruppo di stelle vicino alla coda del Leone e disse al faraone che i capelli di Berenice erano andati a unirsi alle costellazioni. Il mito fu raccolto da Callimaco (*) ne “La chioma di Berenice” e in una serie di altre opere poetiche che attraversarono l’antichità greco-romana.
(*) – Chioma di Berenice è il titolo convenzionale dato ad una delle elegie di Callimaco il cui testo ci è pervenuto incompleto dai due papiri di ‘Ossirinco’. Quest’opera, forse la più nota fra le composizioni di Callimaco, ci è giunta solo parzialmente nell’originale greco; possiamo però disporre della “versione” latina, composta da Catullo e tradotta dal Foscolo.
Antonio è un poeta dal percorso accidentato, cui non è bastata l’isola natìa, il mare, le sue albe e i suoi tramonti ed è partito più volte (continua a partire) per altri orizzonti: le coste lusitane, l’amata Lisboa e i suoi cantori, e poi… el sur delle Americhe e i poeti delle terre estreme; l’Anatolia e il nord-Africa…
Ma torna al Mediterraneo perché, come Ulisse, sempre vorrà partire; sempre vorrà tornare. Per sempre “insulato”, come ha avuto a dirgli Matvejevic, lo scrittore bosniaco, suo estimatore e mentore.
Dalla sua casa “sulla roccia agli orizzonti della terra”, Antonio vive il mare, l’avvicendarsi delle stagioni, la Natura, con sentire contadino e concentrazione erudita.
Qui – sotto costellazioni indifferenti e ignote ai più, ma a lui familiari – vive le sue vite intense / insaziate. Che, suo malgrado, gli segnano l’anima e il destino.
Destino di poeta. Fortuna di lettori.