Aneddoti

Divieto di balneazione e Santi castigatori

di Isidoro Feola

 

Fino al raggiungimento dell’età della ragione, San Giovanni Battista e San Pietro Apostolo non mi sono stati mai molto simpatici anzi, spesso, avevo un vero e proprio terrore di loro, e ciò era dovuto ai racconti che ci venivano narrati, per farci stare buoni, da vari membri della famiglia, soprattutto dalla nonna Titina (o Tutina, al secolo Aprea Restituta, la madre di mio padre), presso la cui abitazione, a Cala Feola, si trascorreva una buona parte dell’ estate .

La nonna era rimasta vedova molto presto, nel 1926,  quando la figlia Marietta  aveva undici anni, mio padre Salvatore otto, mio zio Luigi appena uno; inoltre la nonna era incinta  e la bambina che nacque, Silveria, morì dopo qualche giorno dalla nascita.

Nel mese di giugno non si poteva fare il bagno in mare fino a quando la scuola era aperta, altrimenti quando si andava in classe  eravamo come i “launi stracquati” o, in alternativa, “sdellavati” e pertanto non stavamo attenti alle lezioni. Al che, alle nostre giuste rimostranze che la scuola  era quasi finita, la risposta era sempre la stessa : “all’ultim’ a scurtuca’ è semp’ a cod’…”

Finalmente la scuola è finita, evviva, andiamo a fare il bagno. NO!!! Non si  può perché ci sono i preparativi della festa di San Silverio, e sono “giornate ricordevoli”.

Quindi, dopo la festa di San Silverio finalmente si va al mare…  NO!!! Perche c’è San Giovanni  (24 giugno)  e tre giorni prima e tre giorni dopo la sua festa non si può andare a fare il bagno perché il santo si deve prendere tre bambini. Allora si va al mare dal 27 giugno… NO !!! perché c’è San Pietro che “murmuléa” ed anche lui deve prendersi tre bambini.  Sulla base di queste imposizioni non  ci restava altro che attendere il 2 luglio (festa della Madonna Delle Grazie) per potere iniziare ad andare al mare.

Ma ci siamo mai chiesti del perché San Giovanni e San Pietro ce l’avevano così tanto con i bambini?

 

La nonna raccontava che a  San Giovanni piaceva dormire molto, anche per diversi giorni consecutivi, e non voleva che i bambini facessero chiasso quando lui dormiva.  San Pietro, nel frattempo, stava  organizzandosi per festeggiare il suo onomastico. Giunto il 29 giugno andò da San Giovanni (che dormiva):

“Giua’, Giua’, ascetete ca oggi è u’ nomm’ mie e aggia fa na bella fest’. (Giovanni, Giovanni, svegliati che oggi è il mio onomastico e debbo fare una bella festa).

San  Giovanni: “E u’ nomm’ mi’ quand’ vène?”  (E l’onomastico mio quando viene?).

San Pietro: “U’ nomm’ tuje è già passàt’, ma tu durmìve; io te vulev’ sceta’, ma i criatùre nun hann’ vulut’, pecché  tu t’arraggie”. (Il tuo onomastico è già passato, ma tu dormivi; io ti volevo svegliare, ma i bambini non hanno voluto perché tu ti arrabbi).

San Giovanni: “A si, so’ stat’ i criatùre ca nun hann’ vulùte ca io facess’ a fest’? Allora da oggi in poi, ogni anno, tre juorn’ primm’ e tre juorn dopp’ u nomm’ mje, m’aggia piglià tre criatur’ affugàt’ a mare”. (Ah si, sono stati i bambini a non volere che io facessi festa ? Allora da oggi in poi, ogni anno, tre giorni prima e tre giorni dopo il mio onomastico, mi debbo prendere tre bambini affogati a mare).

San Pietro: “Giua’,  je miche so’ chiù fess’ e te; saje che te dic’…: pur’ je m’aggia piglià tre criatùre”. (Giovanni, io mica sono più fesso di te; sai che ti dico? pure io mi piglierò tre bambini).

Durante questo battibecco meno male che intervenne la Madonna Delle Grazie a mettere un po’ di pace tra i due Santi ed a rassicurare i bambini che dal 2 luglio, giorno della sua ricorrenza, avrebbero avuto  campo libero per andare a fare il bagno a mare.

 

Però… FATTA  LA LEGGE… TROVATO L’INGANNO:  ad un certo punto Michele e Gioacchino di Campana si fecero venire un’idea geniale per aggirare il divieto di balneazione: andare “ngopp’ u’ ciéuse ‘i Campan’ e  sporcarsi comm’ un’acciaiomme” (per l’articolo di Franco De Luca: “Sangue ‘i ciéuse”: leggi qui). In pratica si saliva sulla pianta di gelsi di “Campana” (Aniello De Martino), e dopo aver mangiato un discreto quantitativo di frutti ci si imbrattava tutto il corpo, avendo l’accortezza di non sporcarsi i vestiti. Quindi ci si presentava dalla nonna (a debita distanza, a dire il vero, perché c’era sempre pronta una pacca di zamprevite) la quale, quando ci vedeva, siccome  a Le Forna scarseggiava l’acqua più che al porto, dopo gli improperi e le minacce di rito, sputava per terra e con fare minaccioso diceva:

“…jateve a lava’ abbasci’a marina, ma primm’ ca secc’ a sputazz’ avita turna’ ‘ngopp…”; a noi non sembrava vero che ci avesse concesso un breve periodo di semilibertà e, quindi, di corsa  ci precipitavamo abbasci’a  marina (la spiaggia di Cala Feola)  dove stavamo molto più del tempo necessario alla saliva della nonna per seccarsi.

 

 

Santi e Madonne

La sera del 2 luglio ci si recava, con le mamme, a dire le preghiere alla Madonna Delle Grazie al quadro al centro del Molo Musco, che veniva illuminato grazie all’interessamento di Nunziatina del “Bar Amato”. Inoltre Dora Amato provvedeva a portare giù al molo un’insalatiera di “nucchette” che venivano mangiate alla fine delle preghiere. Dagli inizi degli anni settanta la festa religiosa della Madonna Delle Grazie è stata spostata al 31 maggio, ma non mi risulta che si organizzino più i gruppi di preghiera al molo (mi sembra che sia rimasta solo la riunione di preghiera il 16 luglio  alla Parata in occasione della Madonna Del Carmelo, grazie all’interessamento di Biagio Rispoli che mantiene  in piedi una tradizione religiosa che prima di lui facevano i suoi genitori, Ndunetta e Tatore assieme a mast’Eugenio. La Madonna del Carmelo veniva anche festeggiata con preghiere e canti serali  alle scale del palazzo del Giudicato dove organizzavano zi’ Miliuccia con le figlie suore Maria e Miranda, zia Veruccella, Marta, Rosa e Ida Maggio, Fermina, Lucia e Annamaria, zia Olimpia, Maria di Bancherrotta. Ricordo che Candidina Musella faceva la spola tra la Madonna della Parata e quella del Giudicato a seconda dell’orario che usciva qualcosa da mangiare.

Ritornando a San Pietro, questi, nel racconto di tutti i vecchi ponzesi è stato sempre dipinto come una persona burbera, che aveva sempre da ridire su tutto e su tutti, non gli stava mai bene niente, “murmuliava” sempre, e pertanto, a tutti i soggetti che si comportano in questo modo, viene tuttora detto “..si’ comm’ e San Pietr’; murmulìe pegg’ i San Piétr’ …ecc”.

Anche il “murmuliare” è intraducibile; è una sintesi tra mormorare, borbottare, brontolare.

Però, se vogliamo soffermarci sulla prima accezione, in Paradiso sembra che mormorano tutti (almeno a giudicare dalle gags che San Pietro e compagnia riescono a tirare fuori durante le esilaranti pubblicità di una nota marca di caffè):

– “mormora la bambina” (nella nota canzone “Mamma”);

– “mormora la gente” (come dice don Abbondio ne “I Promessi Sposi” di A. Manzoni);

– “mormorano i fiumi” (“il Piave mormorò: non passa lo straniero”; però nel prosieguo dei versi di E. A. Mario, dopo la disfatta di Caporetto: “il Piave mormorò: ritorna lo straniero);

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

– “mormorano le città”:  “Le mur murant Paris rend  Paris murmurant” (letteralmente: il muro murante Parigi rende Parigi mormorante); Victor Hugo in “Notre Dame De Paris” descrive, a volo di uccello, la Parigi del XV secolo, che era formata da tre città una dentro l’altra, ognuna con sue mura e sue caratteristiche: 1) la città vecchia, la più antica, che occupava l’isola nella Senna con Notre-Dame; 2) L’università, che occupava la riva sinistra della Senna, con la Sorbona; 3) La città nuova, che occupava la riva destra della Senna, con il Louvre. Ebbene, Hugo, faceva  mormorare le tre città con dei giochi di parole che rimbalzavano da una cinta muraria all’altra, intraducibili in altra lingua che non sia il francese, purtroppo.

– “mormora”, ed era ora, anche ponzaracconta, la cui ideazione ha dato la stura a vecchi ricordi ormai sopiti che piano piano stanno affiorando da cassetti impolverati e da vecchi file neuronali per fortuna non ancora arrugginiti del tutto. Chissà se mai ci avremmo pensato, prima…

Comunque… Meglio tardi che mai!

 

Isidoro Feola

 

P.S.

La storiella, narrata dalla nonna, che dà la motivazione del perché non si poteva fare il bagno dal 21 giugno al 2 luglio, io l’ho sentita raccontare solo nella contrada di Cala Feola – Forna Grande, e a Calacaparra. In tutti gli altri posti dell’isola nessuno ha saputo farmi un racconto che giustifichi il perché del divieto, ma tutti dicono che non si poteva/doveva fare il bagno a mare altrimenti San Giovanni si prendeva tre bambini. In contrada Scotti, forse perché è una zona alta dove ci sono parecchi dirupi, i bambini erano graditi a San Giovanni anche se si “sprufunnavan’ ‘a copp’ a na muntagn’ abbascie”.

Comunque mettiamoci a caccia di altre leggi la cui infrazione si paga con la  morte di un infante.

1 Comment

1 Comments

  1. luigiaprea

    11 Novembre 2011 at 18:37

    11/11/2011

    Grazie, Isidoro, per aver menzionato tua nonna che per me è stata la zia più cara che io ricordi (zia Tutina), sorella maggiore di mio padre. Era la seconda figlia di nonno Luigi, nata nella stessa casa di Calacaparra dove sono nato anch’io. Le venne imposto il nome della nonna, Restituta Vitiello che sposò Giuseppe Aprea il 27/08/1863.
    Da mio padre ricordo che il marito di zia Tutina Saver (Silverio) Feola morì poco dopo il ritorno dall’America per una banale forma diarroica (affezione tifoidea?). E soleva aggiungere: “…Quei due calamari (forse si riferiva ai medici di allora), salivano e scendevano da Forna Grande senza averci capito nulla.”
    E’ solo un caro ricordo verso zia Tutina.
    Ciao,
    Luigi Aprea

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