di Giuseppe Tricoli
Ogni anno di questi tempi si torna a parlare dell’affondamento del Piroscafo “Santa Lucia” e la data del 24 è segnata in rosso sul calendario di molti ponzesi, qualcuno, mi dicono, ritorni dagli Stati Uniti per l’occasione. Poi la banchina intitolata nel 1983 al “Tram dei ponzesi” proprio per simboleggiare la continuità tra quella nave postale del ’43 e le nuove unità della Caremar che, in quel periodo, stavano arrivando, torna ad essere per tutti la Banchina Nuova, o Punta Bianca come è sempre stato nell’immaginario popolare.
Personalmente ho partecipato soltanto nel 1983 e nel 1993 alla cerimonia di Ventotene; ritengo la rievocazione annuale un episodio che attiene alla sfera intima dei diretti interessati, coloro che sono stati colpiti direttamente.
Da sempre la cosa che mi ha affascinato è stato capire “perché” quella nave sia stata affondata quando sicuramente non rappresentava un bersaglio pagante per una missione aerea che comunque comportava rischi per uomini e mezzi. Sicuramente non era Ponza o Ventotene l’obiettivo da colpire per fiaccare la resistenza italiana, d’altro canto l’eco di questo affondamento è stato circoscritto, se la stessa Provincia di Latina non l’ha annoverato, forse sbagliando, tra gli episodi commemorativi del “Percorso della Memoria” che ha fatto seguito alla concessione della Medaglia d’Oro al Merito Civile attribuitagli nel 2006. Solo lo scorso anno il Presidente della Provincia di Latina ha avanzato la proposta per la concessione della Medaglia d’Oro per i Comuni di Ponza e Ventotene per le vittime dell’affondamento del “Santa Lucia” ed il confino di polizia.
Col tempo sono giunto alla conclusione che la tragedia del “Santa Lucia” sta a Mussolini come purtroppo quella del DC-9 “Itavia” I-TIGI del 27 giugno 1980 – precipitato nel tratto di mare tra Ponza e Ustica – sta a Gheddafi: nel 1943 come nel 1980 forse cercando di eliminare un “uomo” si sono stroncate tante vite umane. Il “Santa Lucia” e l’”I-TIGI” si sono trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato, entrambi trasportavano passeggeri, non erano i diretti bersagli dell’azione bellica, tutti e due gli episodi hanno provocato lutto e disperazione, lasciato dubbi in chi si è cimentato nella ricerca della verità.
Sarei presuntuoso se dicessi che questa mia teoria, che vede Mussolini al centro della vicenda, è del tutto personale, perché altri ne hanno accennato, tra questi il Prof. Albanelli a pagina 72 del suo “Ventotene 24 luglio ‘43”, mentre Nino Codagnone a pagina 70 del suo “Lo strano naufragio del piroscafo postale Santa Lucia”, esclude categoricamente qualsiasi nesso con l’ex dittatore. Il bello della ricerca storica è proprio dovuto al fatto che tesi diverse si contrappongono ed ognuna vale l’altra, ma certamente non trovo “strano” questo affondamento.
In guerra (non dimentichiamolo) non esiste il partito dei buoni contrapposto a quello dei cattivi, ognuno mira, purtroppo, a distruggere l’altro: cosa avremmo letto sulla stampa inglese se il minuscolo cannoncino del “Santa Lucia” avesse colpito uno o più degli aerei inglesi? Con quali toni trionfalistici la stampa di regime italiana avrebbe riportato la notizia?
Il mio convincimento che, lo ripeto data dalla metà degli anni ’80, è stato rinfocolato dall’articolo del 10 marzo 2010 del giornalista Eugenio Di Rienzo pubblicato dal quotidiano “Il Giornale” con il titolo “L’idea di Churchill: eliminare Mussolini senza processo”.
I servizi segreti di Sua Maestà sapevano che il potere di Mussolini era sempre più traballante e che sicuramente nella seconda decade di quel luglio’43 qualcosa sarebbe accaduto. Churchill temeva che Mussolini potesse utilizzare documenti compromettenti per la sua persona una volta deposto e magari usarli come merce di scambio. L’eliminazione fisica di Mussolini era sintetizzata nella frase a prompt execution without trial (che Di Rienzo traduce nel suo titolo “eliminare Mussolini senza processo attribuendola al Primo Ministro britannico) che a Londra era stata pronunciata e che potrebbe chiarire tante cose approfondendo la materia.
Certamente il piano che prevedeva (come accadrà il 25 luglio) l’arresto ed il trasferimento dell’ormai ex Duce nell’Isola di Ventotene non era totalmente sconosciuto a Londra, mancava sicuramente la data certa, i dettagli c’erano tutti.
Ovviamente i reparti aerei inglesi di stanza in Tunisia avevano l’ordine di pattugliare il Tirreno al largo della Campania e del Lazio, attaccando qualsiasi unità navale italiana. In questo modo non si commettevano errori nell’individuazione dei bersagli, nel discrimine tra civili e militari.
Del resto Mussolini il giorno dopo transitò proprio in quelle acque diretto a Ventotene, trasferito a Ponza all’ultimo momento per mancanza di una sistemazione adeguata al suo rango sull’isola prescelta. Le fonti inglesi erano sicuramente informate che forse proprio il Duce volesse rifugiarsi nelle Isole Ponziane vista l’aria che tirava a Roma. Quella nave svolgeva quel servizio ormai da tempo, perché proprio in quei giorni (23 e 24 luglio’43) fù oggetto dell’attenzione britannica? A pag. 67 il prof. Albanelli dice “troppe in realtà le coincidenze per escludere del tutto tale ipotesi” (la caccia a Mussolini).
D’altro canto il “Santa Lucia” era verniciato in grigio mimetico militare, dotato di un doppio equipaggio, civile e militare, armato con un cannoncino, alzava a riva oltre alla “P” della nave postale la bandiera della Marina Militare Italiana in quanto unità militarizzata. Perché quegli aerei inglesi avrebbero dovuto lasciar transitare un simile bersaglio, sia pure di 470 tonnellate e non 3.000 come poi scritto negli atti britannici?
Mi piacerebbe sapere, vista la natura del suo impiego, perché il “Santa Lucia” non è stato lasciato nella sua colorazione originaria, con il suo equipaggio civile e la sua bandiera mercantile, che avrebbe sicuramente impedito qualsiasi immaginazione bellica del suo utilizzo. Vorrei ancora sapere se la presenza dell’equipaggio militare a bordo (sette uomini) fosse realmente al servizio del cannoncino di prua (mai utilizzato, secondo alcuni inutilizzabile), oppure altri impieghi militari facevano del “Santa Lucia” un trasporto diverso.
Ho scritto al Dottor Di Rienzo nel marzo dello scorso anno esternando i miei dubbi e sperando che fosse interessato al caso: attendo ancora di sapere che la mia mail è stata ricevuta!
Forse il futuro ci riserverà la conoscenza vera dell’episodio, quella storica e depurata da retorica e risentimenti, resta il prezzo pagato da Ponza ancora una volta lambita, suo malgrado, dalla Grande Storia, sicuramente e qui sono pienamente d’accordo con Nino Codagnone “non siamo alla ricerca di un colpevole, il responsabile di tutto è la guerra”, ma siamo tutti d’accordo?
Giuseppe Tricoli (Peppe)
Silverio Tomeo
19 Luglio 2011 at 19:10
Il “Santa Lucia” venne attaccato per errore o per sospetto dagli aerei alleati, tra l’altro nell’affondamento in quell’ora tragica era vicino a Ventotene dove c’era ancora la guarnigione tedesca. Mia madre perse una carissima amica d’infanzia, e quella fu una vera tragedia per l’isola. I “cattivi” esistevano, eccome! Erano i nazifascisti che avevano scatenato la World War II con quasi 60 milioni di morti…Non capisco cosa voglia dire che Mussolini forse aveva intenzione di rifugiarsi a Ponza: non è vero affatto, neppure poteva immaginarselo, è vero che vi ci venne portato a forza dall’ammiraglio Maugeri (pochi anni fa conobbi un altro ammiraglio Maugeri in pensione a Taranto, a una regata, e sarà stato il figlio o il nipote, quella è un’altra casta). In quanto a quel dottor Di Rienzo, da molti non è ritenuto una persona seria nè tantomeno uno storico valente, è solo un altro “revisionista” della II Guerra Mondiale, secondo me. Lascerei perdere la dietrologia storica che nulla puo’ aggiungere a quanto già sappiamo. Invece ricostruire il clima dell’impatto umano che quegli eventi ebbero va più che bene, anzi è un dovere per la memoria e per la sua corretta trasmissione.