di Luisa Guarino
Innamorarsi d’estate a Ponza negli anni Sessanta aveva un sapore speciale: la passione era più forte, sole e mare rendevano gli incontri più intensi, le rare corse dei traghetti trasformavano ogni arrivederci in un addio che spezzava il cuore. La maggior parte dei ritorni verso la terraferma avveniva alle prime ore del mattino, e alle 4.30 sul molo, con il Lanternino a fare da nume tutelare, ogni saluto metteva in subbuglio mente e stomaco, mentre le lacrime si sprecavano. Spesso a lasciare l’isola era lei, italiana o straniera non importa: coda di cavallo, foulard al collo, ballerine e pantaloni alla caviglia, stentava a staccarsi da lui, abbronzato, aitante, spesso isolano o almeno di origini isolane, che magari, mentre agitava la mano in segno di saluto al momento in cui la nave scioglieva gli ormeggi, già con il pensiero andava a quella ‘uagliona’ nuova incrociata lungo il corso nel pomeriggio. A pensarci bene, sono stati davvero fortunati quelle lei e quei lui: fortunati, perché un amore così breve e intenso, un addio così assoluto e definitivo com’è più possibile viverlo oggi, con gli aliscafi ogni mezzora, il cellulare da un capo all’altro del mondo, Internet e Facebook? Tutto omologato, pianificabile, senza distanze né mistero. Gli amori estivi, si sa, durano una stagione, e sono belli proprio per questo. Pochi giorni insieme, in una cornice incomparabile come Ponza, poi ciao! Io da una parte e tu dall’altra ma senza dimenticare.
Uno di quegli amori estivi (con i ruoli invertiti, io isolana e lui romano) l’ho incontrato il 17 luglio di tanti anni fa. E non l’ho dimenticato. Come lui del resto. Quindi gli faccio gli auguri per domenica 17, perché da quel giorno lontano non ci siamo mai stancati di stare insieme. L’eccezione che conferma la regola?
Luisa Guarino