di Sandro Russo
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Tolse di persona la ceralacca dalla tela di sacco all’esterno, tutti i chiodi e l’imbottitura interna di stracci, e mostrò a quel pubblico esterrefatto il primo… grammofono che avessero mai visto.
Era costituito di una cassetta quadrata 40 x 40 con su un piatto che girava, e un braccetto di metallo che finiva con una puntina; sul piatto andava messo un grande disco nero e braccetto e puntina ci si poggiavano sopra. Dentro c’era un meccanismo a molla caricato a manovella; un grande trombone (lo stesso del logo de ‘La Voce del Padrone’) completava l’insieme. L’incredibile, agli occhi di tutti, era che questo strano aggeggio potesse suonare e cantare, come se ci fosse dentro un’orchestra intera.
– Uh hu.. e ch’è purtàat’ mò..! ..E ch’amma fa’ cu’ ’stù cose..? – disse la nonna quando riuscì a capire la natura della ‘sorpresa’, e se ne andò via quasi piangendo per il dispetto. Per i bambini invece fu festa grande, quando dal trombone cominciarono a venir fuori le note della ‘Lucia di Lammemmù’ (Lammermoor) dell’amato Donizetti, mentre lui, con gli occhi umidi di commozione, girava tutto fiero la manovella.
Così finì l’avventura americana, e il grammofono rimase per anni l’attrazione della casa (era ancora là, reliquia del passato, molti anni dopo, quando noi nipoti eravamo bambini. Stava, ormai in disuso dopo la rottura del meccanismo di caricamento, nell’ultima stanza in fondo, e noi ne traevamo urla strazianti facendo girare a mano il piatto con la puntina che graffiava sul disco.
Ma torniamo al nonno. Poi venne la guerra. Sull’isola di guerra se ne vide poca, ma la fame fu tanta, e mieteva vittime. Fare il falegname non era un gran lavoro, a quei tempi, se non fosse che servivano le bare, i’ scutill’… tanti scutill’.
Il nonno… Adesso a distanza posso richiamarlo alla mente e così lo ricordano quelli che l’hanno conosciuto: per il suo buonumore, un rametto di cedrina dietro l’orecchio, una vitalità esibita malgrado l’età avanzata; la capacità di ricordare tutte le carte uscite, al gioco; il piacere di stupire con esibizioni di forza, come sollevare la sedia prendendola da dietro, con i pollici sulla spalliera, le sue battute salaci…
Suonava i piatti nella banda dell’isola e aveva avviato alla musica tutti i figli maschi: violino e ottavino per il maggiore, il clarino al medio, la cornetta per il figlio minore. Suonavano tutti con lui nella banda del paese, i figlioli, fino a che la guerra non venne a travolgere tutte le consuetudini (i piatti di lucido ottone, poi, passarono in eredità naturale al suo primo nipote, mio cugino, che si chiama Franco, Francesco, come lui).
Il Nonno doveva essere un sognatore, nato nell’epoca sbagliata. Aveva il cuore particolarmente tenero con i bambini e gli animali; non sopportava la violenza e aveva paura del sangue.
I’ zoccule (i topastri che insidiavano le case, per cui i Ponzesi hanno un odio atavico dai tempi in cui c’era tra loro una competizione per la sopravvivenza: o gli uomini o i topi) le uccideva la Nonna, quando rimanevano prese nelle trappole, versando dell’acqua bollente sull’intera trappola; lui in quelle circostanze con una scusa qualunque spariva dalla circolazione.
All’epoca del Nonno la supremazia dell’uomo non era neanche messa in discussione, ma da una serie di ricordi riconsiderati a distanza e da altre testimonianze raccolte, risulta evidente che il capo di casa era la nonna Natalina.
Il Nonno era l’uomo per i giorni di festa, per cantare e stare in compagnia. Lo ricordo già vecchio nelle occasioni in cui la famiglia si riuniva per le feste di Pasqua. Come a molti vecchi anche a lui piaceva avere intorno quanti più figli e nipoti fosse possibile: in quei giorni si metteva in movimento la mattina prestissimo, a cercare tutto l’occorrente per i dolci più tradizionali: u’ casatiell’ e ’a pizz’i grane, la pastiera. Depositava due-tre uova ancora avvolte nel fazzoletto sul tavolo della cucina e ripartiva con il suo passo svelto, alla ricerca di altre uova, dello zucchero o della farina (…davvero non era ancora il tempo dei supermercati: bisognava ordinarli in anticipo e cercare bottega per bottega).
Ciccillo e Natalina da giovani, prima che il tempo passasse loro addosso
[I Vecchi. (3). Continua]