Può sembrare strano che dopo aver tanto insistito con Nino Baglio -> (leggi qui) e Domenico Musco -> (leggi qui), miei amici di lunga data, per avere due articoli sulla pesca subacquea a Ponza, proprio io abbia da obbiettare qualcosa al loro punto di vista.
In realtà questo scritto non è indirizzato a loro; tra noi più volte abbiamo dibattuto il tema e preso atto ormai della lontananza e irriducibilità delle nostre posizioni. Vuole piuttosto porre un problema generale alla coscienza di ciascuno: pescatori subacquei e non, cacciatori e non. E se c’è un luogo al mondo dove sono concentrati in pochi Km2 di terra e coste tanti pescatori subacquei e cacciatori, quel posto è proprio Ponza!
Anche se sono finiti i tempi (nella storia dell’evoluzione umana) della caccia necessaria alla sopravvivenza. Dovrebbe anche essere superata, ad una certa età, la coazione a seguire i ricordi e le tracce familiari. Ho conosciuto ‘cacciatori compulsivi’ – persone miti per ogni altro aspetto – legati ad un rito cruento compiuto in età infantile o adolescenziale insieme ad un padre o a uno zio cacciatore.
Rimane la domanda ineludibile: è proprio necessario uccidere?
Forse come molte altre cose la posizione è legata a una stagione della vita; quanto più si va avanti con gli anni tanto più si rispetta la vita, in tutte le sue forme.
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Secondo alcuni la dicotomia iniziale tra l’uomo moderno e il mondo della natura può essere fatta risalire alla Bibbia.
È su quel testo fondante che, al sesto giorno, il Creatore disse: – “La terra produca esseri viventi: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie”. Quindi creò l’Uomo a Sua immagine; maschio e femmina li creò. Li benedisse e disse loro: - “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che si muove sulla terra”. E ancora disse: – “Ecco, io vi dò ogni erba e ogni albero in cui è il frutto che produce seme: saranno il vostro cibo”. [Condusse quindi all’uomo tutti i viventi] “…per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome”.
E infatti il quinto Comandamento è stato sempre interpretato in modo riduttivo; essere la proibizione di uccidere riferita agli altri uomini, non ad altri esseri viventi (…e a maggior ragione senza motivo, o “per sport”!)
Anche nell’ottica islamica l’uomo è rappresentante di Dio sulla terra ed è la creatura più importante del creato. Si trova infatti anche nel Corano che tutto ciò che vi è nell’universo è stato messo a disposizione dell’uomo: “…E ha soggiogato a voi quel che v’è nei cieli e quel che v’è sulla terra, che tutto proviene da Lui” (Corano XLV:13)
Per aver avuto dal Creatore il potere di dare i nomi, o, se si vuole, avendo demandato ai suoi libri sacri l’investitura al dominio della Natura e la relativa giustificazione, l’Uomo si considerò il centro e il culmine della creazione, e su di essa regnò, incontrastato Signore, con assoluto sprezzo per ogni altra forma di vita. Si attribuì – solo tra i viventi – l’anima e la coscienza di sé; l’unica intelligenza del mondo. Considerò la sensibilità degli animali in subordine, rispetto alla propria; la bellezza del creato solo una cornice per la sua potenza; sue esclusive, perfino le emozioni e il dolore.
Agli occhi dei poeti, questa discrepanza appare più evidente:
Su un viottolo giace uno scarabeo morto.
Tre paia di zampette ripiegate con cura sul ventre.
Invece del disordine della morte, ordine e pulizia.
L’orrore di questo spettacolo è limitato,
la sua portata locale, dalla gramigna alla menta.
La tristezza non si trasmette.
Il cielo rimane azzurro.
Per nostra tranquillità, gli animali non muoiono,
ma abbandonano la vita in una maniera, per così dire, più piatta,
perdendo, vogliamo crederlo, meno sensibilità e mondo;
uscendo, così ci pare, da una scena meno tragica.
Le loro animucce mansuete non ci ossessionano la notte,
mantengono la distanza, conoscono la misura.
E così questo scarabeo morto sul viottolo
Brilla non compianto verso il sole.
Basta pensarci per la durata di uno sguardo:
sembra che non gli sia accaduto nulla d’importante.
L’importante, pare, riguarda solo noi.
Solo la nostra vita, solo la nostra morte;
una morte che gode d’una forzata precedenza.
[‘Piccole morti’, di Wislawa Szymborska (Nobel per la letteratura 1996), in: “Vista con granello di sabbia”; Adelphi 357, 1998]
A differenza della mitologia ellenistica, la Bibbia ignora l’età dell’oro (o la condensa nel breve periodo che va dalla Creazione alla cacciata dal paradiso terrestre): quando gli uomini vivevano pacificamente accanto agli animali e la terra generava spontaneamente ogni varietà di frutti, i fiumi erano di latte e gli alberi stillavano miele. Forse solo nella dimensione del mito si può immaginare la pace tra pecora e lupo, l’armonia tra tutti i viventi.
Ancora una volta, soltanto i poeti sono in grado di registrare le incongruenze e di porsi le domande giuste:
“Quest’epoca geniale, dunque, ci fu o non ci fu? Difficile rispondere. E sì e no. Ci sono infatti cose che completamente, fino in fondo, non possono accadere. Sono troppo grandi per rientrare in un avvenimento, e troppo magnifiche. Tentano soltanto di accadere, tastano il fondo della realtà per sapere se le sostiene. E subito si ritraggono temendo di perdere la propria integrità in una realizzazione difettosa….. e poi, nella nostra biografia, restano quelle macchie bianche, stimmate odorose, quelle perdute orme argentee di piedi nudi angelici, disseminate a gran passi lungo i nostri giorni e le nostre notti…”
[Da Bruno Schulz (1892-1942) in: ‘Le botteghe color cannella’; G. Einaudi Ed. 2001]
Il manifesto di una campagna animalista. Il musetto triste di questa volpacchiotta riesce a smuovere diverse coscienze
Ma queste considerazioni riguardano soprattutto l’Occidente.
A Oriente si estende l’immenso territorio ‘al di là delle nuvole’, che per secoli, nella storia che conosciamo, quasi non ha avuto contatti con l’altra parte…
Sandro Russo
[Quinto. Non uccidere. (1). Continua]