di Luisa Guarino
E’ bello e dolce rifugiarsi nei racconti e nei ricordi: di casa, di famiglia, dell’isola serena e tranquilla che la maggior parte di noi ha conosciuto. Il nostro sito è nato da quasi un mese e ha raccolto finora testimonianze e immagini preziose.
La cronaca di questi giorni però ci sbatte in faccia una realtà molto diversa, ben conosciuta ahimè anche da chi non ne parlava mai. Avete presente i titoli dei quotidiani: “I clan sbarcano su Ponza”, “Le mani sui pontili”. L’inchiesta “Ponza nostra” (chiarissimo il riferimento) vede indagate trenta persone. Gli sviluppi sono dietro l’angolo, certamente già mentre scriviamo. Ecco anche forse perché, in questo clima di malcostume e incertezza preferiamo volgere la testa indietro, per guardare quel “come eravamo” che non tornerà mai più. Ma non possiamo fare gli struzzi nascondendo la testa sotto la sabbia (che oltretutto a Ponza è così poca!). Cosa raccontiamo ai giovani, che sono il nostro futuro e dovrebbero essere i primi a essere coinvolti e motivati, come giustamente rimarcano Franco De Luca e Gino Usai? Che modello abbiamo offerto loro in tutti questi anni, da quando il turismo ci ha trovato senza mezzi e conoscenze e ha travolto cose e persone con il sogno, neanche difficile da realizzare, di un facile guadagno? Gino parla dei tre cardini sui quali andrebbe ricostruita la realtà dell’isola: Chiesa, Scuola, Politica. Capisaldi non da poco, che solo a nominarli fanno tremare i polsi. Come si possono contrastare l’arroganza e la prepotenza di cui Gino parla, alla luce dei fatti di questi giorni? Perché nell’uso e abuso di esercizi commerciali, pontili, e tutto quanto ruota intorno ad essi, hanno giocato un ruolo determinante amministratori corrotti e/o imbelli (non si sa quali dei due più pericolosi) che noi stessi abbiamo portato a governare la ‘cosa pubblica’.
A Ponza in parecchi in questi giorni tremano – si legge sulle colonne dei quotidiani -: l’indagine avviata da tempo sta per dare i suoi frutti. E’ già un segnale significativo che le acque si muovano, che finalmente l’apparente calma piatta e l’indolenza dell’isola subiscano una scossa. Speriamo solo che sia molto forte e riesca a smuovere l’apatia di una popolazione che pensa solo al facile guadagno, infischiandosene del prossimo e di una terra meravigliosa che ha avuto in dono senza merito alcuno.
Noi cosa possiamo fare? Parlarne è già qualcosa, come dice Gino. Credere che si possa cambiare, anche. Proviamoci.
Luisa Guarino