Le storie lette sono formidabili moltiplicatori di idee, ricordi, altre storie. Così la puntata odierna del reportage di Rumiz sulle donne dei fari ci ha ricordato questo articolo uscito qualche anno fa su IschiaNews, che qui riprendiamo.
Il Faro di Punta Imperatore e la sua storia d’amore
di Maurizio Orlacchio
“…e ben presto si scoprì che ogni faro aveva una sua storia, anzi, che ogni faro era una storia e che i fasci di luce che proiettava erano le storie stesse che si propagavano sulle onde, come segnali e come guide, per offrire conforto e mettere in guardia dal pericolo….”
(Janette Winterson. Da: Il custode del faro)
Esiste un luogo dove l’orizzonte è cosi lontano e magico da sembrare vicino? Un luogo dove poter ammirare l’immenso del mare provando un emozione da ricordare? Dove la notte di S. Lorenzo le stelle cadenti sembrano passarti vicino prima che la scia del desiderio si perda tra le onde del mare?
Sornione, impassibile, il faro di Punta Imperatore se ne sta solitario come sospeso tra cielo e terra ad imperare sul Mar Tirreno. La sua presenza è discreta, ma allo stesso tempo con la sua bianca imponente mole e le sue braccia di luce infondono sicurezza, e non solo ai marinai.
Storicamente questo faro è ad oggi il più antico dell’intero Mediterraneo, un pezzo di storia isolana piena di aneddoti che hanno segnato in modo particolare la vita di una famiglia foriana in un tempo passato, quando l’isola era molto più selvaggia e naturale di adesso, dove la tecnologia era inesistente e molti più pescatori si avventuravano anche per giorni interi tra i pericoli del mare aperto senza avere la certezza di ritornare a casa.
Erano gli anni trenta e la popolazione locale viveva in un luogo ameno circondata da una natura lussureggiante ed incontaminata, un piccolo eden naturale che ammaliava i primi ospiti che da lì a poco fecero scoprire l’isola verde su scala planetaria. A quei tempi, nella baia di Citara, da una bianca casucola un fascio di luce si stagliava nella baia per poi perdersi tra le onde del mare: era il Faro di Punta Imperatore.
Dal giorno della sua attivazione, nel 1884, ogni cinque secondi questa luce abbagliante e continua della lanterna, da un’altezza di oltre 60 metri viene in aiuto dei naviganti quando la rotta è smarrita.
Francesco De Falco era il guardiano del faro, ed in quella casucola ci viveva con la moglie Lucia e i suoi figli. Prima di questo importante incarico Francesco lavorava al porticciolo di Forio come scaricatore di botti, e su quel lembo di spiaggia avvenne il primo incontro con Lucia che molto più giovane rimase affascinata da quell’uomo che entrava ed usciva dal mare con i zampilli di vino rosso che scendevano sul viso rendendolo tanto buffo quanto affascinante. L’amore tra i due diede al mondo sette figli che dopo la nomina del papà si trasferirono a Punta Imperatore. La vita sul faro era fatta di tanta solitudine ma circondato dall’affetto di questa numerosa famiglia Francesco si riteneva l’uomo più felice del mondo. Vere e proprie suggestioni romantiche con la piccola bianca costruzione, una straordinaria vegetazione cresciuta a picco sul mare, inaccessibile al di là di un cancello, nell’isolamento più assoluto, interrotto soltanto dalle grida degli uccelli marini, ed in inverno dal mare in tempesta.
Due volte a settimana si scendeva in paese (per raggiungere il centro ci si impiegava circa due ore) per acquistare il necessario in un periodo dove gli echi dei bombardamenti si sentivano nitidamente dall’altezza di Punta Imperatore. Anni duri dove mamma Lucia non fece mancare nulla ai propri figli supportata da un marito che curava quello spazio con tanta parsimonia come fosse casa sua. E fu per troppa parsimonia che il 25 novembre del 1937 la vita di Francesco fu portata via da una scarica elettrica durante la riparazione di un improvviso guasto al faro.
Nel 2008 Lucianna De Falco, nota attrice drammaturga, nipote di Francesco & Lucia, ha messo in scena uno spettacolo emozionante dal titolo “Lucì: voci e volti dal faro” svoltosi nell’androne del faro in una magica serata di luglio per rievocare questa bella e triste storia diventata uno spettacolo teatrale che ha ripercorso scene quotidiane di vita a Punta Imperatore e la protagonista era nonna Lucia Capuano per tutti Lucì.
Qui di seguito viene riportato il monologo di Lucia che rievoca la notizia della morte di Francesco:
“Non sapevo ancora niente, perché niente mi avevano detto… una mattina come le altre, con i bambini da mandare a scuola, i fiocchi da annodare ai colletti dei grembiuli, le macchie d’inchiostro da far sparire all’ultimo momento, con le dita bagnate di saliva… non sapevo ancora niente… “non c’è acqua nel secchio, bisogna scendere giù… e ricordati di legarci lo spago allo sportello, perché stanotte tirava vento e non si è chiuso occhio” …niente sapevo…ma già fuori la porta, nell’androne, per le scale, tutto un rimbombo: – “E ora come fa?” …“E ora come fa?”
…Eh sì, ora come fa! Ma l’indomita Lucì non si perde d’animo e con la fermezza e l’orgoglio delle donne dell’epoca chiede alle autorità di prendere l’incarico del marito. In un’epoca dove le pari opportunità erano sconosciute una donna, Lucia Capuano, Lucì, diventa guardiana del faro, la prima donna farista in Italia.
Giornate faticosissime ma per Lucia era quasi un dovere per far sì che il ricordo di Francesco vivesse all’infinito ogni cinque secondi…
Da quel momento Lucì è un simbolo, un antieroe, una donna coraggiosa che va oltre le convenzioni, che immagina qualcosa di inimmaginabile nel ’37 ma forse ancora oggi, ma anche parte profonda dell’identità dell’isola.
Un essere umano rinnega il suo destino per intraprendere una strada che rende la sua vita viva e non solo galleggiante, raccogliendo quel rispetto che a quei tempi era ad appannaggio dei soli uomini.
Grazie alla nipote Lucianna e il suo stupendo spettacolo andato in scena nel 2008 trova voce la memoria di un intero paese, con i sogni e le fantasie delle generazioni vissute all’ombra del Faro, i ricordi di coloro che negli anni vi hanno lavorato, vi hanno abitato, dei pescatori per i quali esso non ha mai smesso di essere il punto di riferimento, memorie, raccolte in una serie di interviste dal valore inestimabile.
Sono passati quasi settanta anni e tutte le sere ogni cinque secondi , il Faro è li che illumina le notti della baia di Citara, e anche oggi che la bianca casucola è disabitata ha sempre il suo fascino magico, con la sua vegetazione selvaggia i suoi panorami senza fine nell’isolamento più assoluto, interrotto soltanto dalle grida degli uccelli marini, ed in inverno dal mare in tempesta…
P.S.
Un ringraziamento speciale va alla mia cara amica Lucianna De Falco per l’aiuto nel reperire informazioni e curiosità sperando che lo spettacolo del 2008 possa avere un seguito, perché la memoria storica è un presente che non finisce mai di passare.
In condivisione con www.ischianews.com – Articolo del 4 novembre 2011
Immagine di copertina e foto nel testo di Enzo Rando
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Nota a cura della Redazione
Il Faro di Punta Imperatore è il più grande dell’isola di Ischia ed è situato in una straordinaria vegetazione a picco sul mare, tra Panza e la Baia di Citara.
Domina e protegge la spiaggia di Citara con la sua lanterna che lancia il raggio di luce ad una altezza di oltre 160 metri. La lanterna poggia sulla casa a due piani ormai disabitata dal giorno della sua attivazione nel 1884, fino alla fine degli anni trenta quando morì fulminato l’ultimo guardiano. Sua moglie Lucia, ormai vedova con sette figli, chiese alle autorità di prendere l’incarico del marito e così, in un’epoca in cui le pari opportunità erano sconosciute alle donne, Lucia Capuano diventò guardiana del faro in via del tutto eccezionale.
Per raggiungere il faro di Punta Imperatore si parte dall’abitato di Panza mediante una stradina residenziale che, fra orti e vigne, parracine e ville a picco sul mare, ripercorre un vecchio sentiero di montagna poco agevole per le autovetture e piuttosto faticoso a piedi.
La vista è veramente mozzafiato; è possibile osservare il centro esteriore dell’abitato di Forio fino alla chiesetta del Soccorso, nonché le valli e le colline che dal mare giungono fino alla vetta del monte Epomeo; nidi di falchi, cespugli aggrappati allo strapiombo, orchidee selvatiche, corbezzoli, con una visuale che abbraccia l’intero golfo di Gaeta e le isole Ponziane.