Ambiente e Natura

‘Ponza delle Stelle’ e i rimbalzanti di Giove (2)

di Sandro Russo

Per la puntata precedente, leggi qui

“Se vuoi scoprire i segreti dell’Universo, pensa in termini di energia, frequenza e vibrazione”

Nikola Tesla

 

Lo sportello sul fianco della cupola si aprì e Towser ne uscì correndo; o almeno pensò che dovesse essere Towser.

Fece per chiamare il cane, con la mente che forgiava le parole che voleva dire, ma non pote’ pronunciarle. Non c’era modo di dirle, non aveva niente con cui dirle.

Per un attimo la sua mente si perse in un terrore confuso, una paura cieca che produsse piccoli scoppi di panico nel suo cervello.

Come parlano i gioviani? Come fanno a…

D’improvviso ebbe coscienza di Towser, un’intensa coscienza dell’amicizia goffa e ardente del vecchio animale che lo aveva seguito dalla terra su molti pianeti.

Come se la realtà di Towser si fosse espansa e per un momento fosse dentro il suo cervello.

E dall’impacciato saluto di benvenuto che sentiva, si formarono le parole.

– Ciao amico

Non vere parole, ma meglio delle parole. I pensieri del suo cervello, comunicati con simboli che possedevano sfumature di significato che le parole non avrebbero mai avuto.

Come va? – chiese

– Mi sento bene – rispose Towser – come quando ero cucciolo; ultimamente mi sentivo piuttosto malconcio, con le gambe irrigidite e i denti ridotti quasi a niente. Difficile mordere un osso, con denti simili. E poi le pulci mi facevano impazzire, mentre una volta non ci facevo caso. Quand’ero giovane un paio di pulci in più o in meno non significava molto…

– Ma.. ma.. – i pensieri rimbalzavano disordinatamente –  …stai parlando..! –

– Certo – rispose Towser – Ti ho sempre parlato, ma non mi sentivi; cercavo di dirti delle cose, però non riuscivo a farmi capire –

– Certe volte ti capivo – disse lui.

– Non molto bene. Capivi quando volevo mangiare o bere e quando volevo uscire, ma questo era più o meno tutto quello che riuscivi a comprendere.

– Mi spiace – disse lui.

– Non importa… Adesso ti porto di corsa su quella scogliera.

Lui la notò solo allora, a molti chilometri di distanza, di una strana bellezza cristallina che brillava nell’ombra delle nuvole variopinte.

Esitò – Sembra molto lontana…

Oh, avanti – disse Towser, e mentre stava ancora dicendolo partì verso la scogliera.

Lo seguì, provando quelle che erano ora le sue gambe, provando la forza di quel corpo nuovo, un po’ titubante all’inizio, meravigliato un secondo dopo, poi correndo con una gioia pura che era tutt’uno con il terreno rosso e porpora e coi vapori ondeggianti della pioggia.

Mentre correva si accorse di una musica; una musica che gli ritmava nel corpo e proveniva dal suo essere e lo sollevava su ali d’argento. La musica di leggerezza e aspettativa che avrebbero potuto fare le campane di un campanile in cima ad una collina immersa nel sole primaverile, in un suo ricordo di quand’era bambino, sulla Terra. La musica diventò più forte all’avvicinarsi della scogliera e riempì l’universo con una pioggia di sonorità magiche. E lui capì che proveniva dalla cascata che scendeva lungo la parete della scogliera scintillante.

Solo che, lo sapeva, non era fatta di acqua ma di ammoniaca, e la scogliera era bianca perché formata da ossigeno solidificato.

Si fermò con una scivolata accanto a Towser, nel punto in cui la cascata si disperdeva in un brillante arcobaleno di molte centinaia di colori. Letteralmente centinaia, perché, come vide, non c’erano passaggi sfumati da un colore primario all’altro come li vedevano gli umani, ma una netta selezione che spezzava il prisma nei suoi minimi dettagli.

La musica – disse Towser.

– Sì, cos’ha?

– La musica è fatta di vibrazioni. Vibrazioni di acqua che cade.. –

– Towser..! ..ma tu non sai niente delle vibrazioni!

– Vero. Mi è solo venuto in mente così, all’improvviso.

Lui restò sbalordito – Venuto in mente?

D’un tratto, dentro la sua stessa testa scoprì la formula; la formula del procedimento per rendere il metallo capace di sopportare la pressione di Giove.

Fissò sbalordito la cascata e la sua mente prese subito nota dei vari colori e li dispose nell’esatta sequenza dello spettro. Così all’improvviso; a partire da zero, perché lui non sapeva nulla né di metalli né di colori.

Towser – gridò – Ci sta succedendo qualcosa!

– Si, lo so.. sono i nostri cervelli. Li stiamo usando nella loro interezza, fino all’angolo più nascosto. Li stiamo usando per scoprire cose che avremmo dovuto conoscere da sempre. Forse i cervelli degli esseri della Terra sono lenti e annebbiati per natura. Forse siamo gli stupidi dell’universo. Eppure siamo fatti così e dobbiamo fare le cose nel modo più faticoso.

E nella nuova e acuta chiarezza di pensiero che sembrava averlo afferrato, capì che non sarebbe più stata questione di colori in una cascata o di metalli resistenti alla pressione. Percepiva altre cose, non ancora del tutto chiare. Un sussurro vago che suggeriva cose più grandi, misteri al di là del confine del pensiero umano, al di là anche dell’immaginazione. Misteri, fatti, logiche costruite sul raziocinio. Cose che ogni cervello potrebbe conoscere, se usasse tutta la sua capacità di ragionare.

Siamo ancora in gran parte terrestri – disse – stiamo solo iniziando ad imparare un po’ delle cose che dovremmo conoscere; cose di cui eravamo all’oscuro, in quanto esseri umani. Perché i nostri corpi erano miseri corpi, scarsamente equipaggiati per pensare, non dotati di alcuni sensi che bisogna possedere per conoscere. Forse anche dei sensi necessari per raggiungere la vera conoscenza.

 

Sandro Russo

Elaborato da ‘Desertion’ di Clifford D. Simak; 1942

[‘Ponza delle Stelle’ e i rimbalzanti di Giove (2) – Continua qui]

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top